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I Leoni di Sicilia nelle fontane: vi spieghiamo perché sono proprio loro a "sputare" l'acqua

Sono belli da vedere e sono anche un simbolo. In un excursus storico, vi sveliamo il motivo per cui nelle fontane siciliane l'acqua sgorga dalle "bocche di leone"

Marco Giammona
Docente, ricercatore e saggista
  • 10 ottobre 2022

Le "bocche di leone" della fontana di Misilmeri (foto di Filippo Barbaria)

Da sempre utilizzata a scopi pratici (acqua potabile o per il bestiame) o con obiettivi eminentemente estetico- artistici, ma anche come luogo d’incontro, la fontana rappresenta una inalienabile correlazione tra l'antico ed il nuovo, in quel magico rapporto tra razionalità pura ed estro compositivo.

Preesistente agli abbeveratoi e ai lavatoi, contraddistinti dalla semplicità funzionale, la fontana "maggiore" è storicamente più antica anche per il suo apporto di carattere utilitario.

A differenza di quelle "minori", tali manufatti hanno avuto un notevole sviluppo in epoca romana, sia per scopi ornamentali che di pubblica utilità, o durante il Medioevo, dove hanno dato lustro a strade e piazze; fu proprio in questo periodo che vennero introdotte le torrette gotiche piramidali, la ricca ornamentazione figurata, nonché altri elementi decorativi.

Col Rinascimento s’iniziarono a realizzare fontane di bronzo, o fontane la cui decorazione principale erano una o più figure centrali di carattere simbolico; la tendenza proseguì nel corso dei secoli sino ad avere il suo apice nel Barocco.
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Al valore prettamente architettonico, scenografico e monumentale di alcuni esempi di fontane, già nei secoli VIII e VII a.C. si faceva ricorso a decorazioni simboliche: quasi sempre, infatti, il prezioso liquido sgorgava da effigi leonine in una vasca di raccolta sottostante.

La tradizione di scolpire bocche di fontane a forma di testa leonina pare sia nata, come simbolo di buon auspicio, addirittura nell'antico Egitto. Probabilmente la figura del leone fu associata intorno al IV millennio a.C. al Sole del solstizio d'estate (in effetti il muso del leone con la criniera somiglia al simbolo del disco solare con i raggi).

Non sappiamo con certezza chi l’abbia ideata ispirandosi alla costellazione che in quel periodo si levava col Sole.

C’è chi l’attribuisce ai Sumeri, i quali lo chiamavano UR.GU.LA; secondo Orapollo nei Geroglifici, opera scritta in lingua greca presumibilmente nel V secolo d.C., l’attribuzione è da dare agli Egizi, i cui mitoastronomi sarebbero stati colpiti da un fenomeno singolare.

I leoni del deserto per sfuggire alla siccità si recavano in massa nella valle del Nilo proprio nei giorni solstiziali, quando il fiume raggiungeva il livello massimo straripando, garantendo così fertilità e cibo per tutto l’anno.

Nell’elaborazione teologica egizia, quindi il leone divenne il simbolo della discesa del Nume triforme in Horo, ovvero nel Sole divino che nutriva il cosmo e faceva crescere le benefiche acque del Nilo.

Con questo simbolismo, l’associazione dell’animale con la benefica acqua del fiume spinse a scolpirne la testa sui cancelli che aprivano i canali di irrigazione della vallata.

Il simbolo venne adottato anche nelle fontane, dove si faceva sgorgare l'acqua da una bocca leonina, e per lo stesso motivo, ancora oggi in campagna, per propiziarsi una piena abbondante, il vino raccolto nei tini è fatto uscire da rubinetti a forma di leone.

Questo tipo di fontana si è molto diffuso in Sicilia, diventando in alcuni casi proprio segno distintivo della comunità tanto da dare il nome al Comune stesso, come accaduto nel famoso del borgo di Capri Leone, in provincia di Messina, con la quattrocentesca "fontana dei leoni", raffigurante due leoni inscritti in delle nicchie e dalle cui fauci sgorgano freschissime acque.

Emblematica anche "la fontana dei tre leoni" ad Avola in provincia di Siracusa, scolpita agli inizi del Novecento dallo scultore Antonino Mangiagli realizzata in pietra lavica, ritraente tre leoni che si dissetano.

Addirittura sono ben tredici le "bocche" di leone che sgorgano acqua dalla "Fontana Grande" di Misilmeri, in provincia di Palermo, realizzate dallo scultore Salvatore Valenti durante i lavori di restauro del 1879.

A Militello in Val di Catania all’interno della corte del Castello dei Branciforti si trova invece “La Fontana della Ninfa Zizza”, dove vi sono due nicchie con due teste di leoni dai quali sgorga acqua in due conche.

Ancora più significativa la “Fontana del Leone” a Gangi, meraviglioso dono che nel 1931 il podestà Gioacchino Mocciaro fece alla cittadinanza per omaggiare il coraggio mostrato dai gangitani nella lotta alla mafia rurale durante il pubblico assedio del 1926.

A Nicosia nella piazza Garibaldi, definita come una delle più belle piazze della Sicilia dallo scrittore racalmutese Leonardo Sciascia, si trova l’iconica “fontana dei leoni”, con quattro bocche leonine e putti in stile neoclassico, installata nei primi dell’ottocento ad opera del principino di Reburdone da Catania.

Da custodi delle acque troviamo invece i leoni nella famosa Fontana Pretoria di Palermo.
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