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Il Far West parla siciliano: Charles Angelo Siringo, il texano che "inventò" i cowboy

Uno dei precursori del genere West fu un uomo di origini siciliane che ha vissuto come un personaggio nato dalla fantasia del regista Sergio Leone. La sua storia

  • 23 gennaio 2023

Charles Angelo Siringo

Il genere western è stato il soggetto di molte espressioni artistiche: letteratura, cinema, musica, fumetti, pittura e teatro. È un genere che racconta storie ambientate prevalentemente nella seconda metà del XIX secolo nell’ovest degli Stati Uniti d’America, il cosiddetto vecchio West, territorio di frontiera fino a quasi tutto il XIX secolo.

Spesso è stato proposto in una visione romantica, poiché il West, in quanto frontiera, era anche un ideale di libertà, di speranza.

Uno dei precursori del genere West fu Charles Angelo Siringo, un uomo di origini siciliane, che ha vissuto come un personaggio nato dalla fantasia del regista Sergio Leone.

Siringo, era un siculo-texano, che ha lasciato un segno indelebile nella storia del Far West, infatti fu cowboy, scrittore, detective e cacciatore di fuorilegge. Molte notizie della sua vita avventurosa, sono raccontate nel volume di Luigi Grassia “Gli italiani alla conquista del west”, Memesi edizioni.
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Il suo cognome era (ed è) molto diffuso nella zona di Siracusa, per questo motivo si crede che la sua famiglia provenisse dalla città aretusea.

Alcuni biografi spiegano che successivamente una parte di questa famiglia, prima dell’emigrazione in America, si trasferì a Genova. Charles Angelo nacque il 7 febbraio 1855 a Dutch Settlement, fra baracche di legno di una contea del Texas, da padre siciliano e madre irlandese.

Restò presto orfano di padre, infatti aveva solo un anno quando il padre morì, e dovette affrontare un’infanzia difficile, tra continui cambi di città, insieme alla madre e alla sorella, e difficoltà economiche. All’età di sedici anni, seguì la sua passione per l’avventura e tornò in Texas, dove cominciò il lavoro di cowboy.

Scortava le mandrie lungo il tragitto che andava dal Sud dello stato fino al Kansas e da lì, in ferrovia, le conduceva fino ai mercati del Nord. La vita da cowboy era ricca di viaggi e di incontri coi nativi americani, i cosiddetti “pellerossa”.

Durante uno di questi viaggi, mentre lavorava in un Ranch del Texas del Nord, Siringo conobbe anche Billy the Kid, uno dei fuorilegge più famosi di tutto il West e partecipò alla serrata caccia all’uomo che lo sceriffo Pat Garret mise in atto per catturarlo.

Quando la società e l’economia americana iniziarono a modificarsi, Siringo pensò che era giunto il momento di cambiare lavoro, così si trasferì a Caldweel, dove aprì un negozio di tabacchi e mise su famiglia.

In quel periodo si dedicò anche alla scrittura e nel 1885 diede alle stampe il suo primo libro, intitolato “A texas cowboy”, col quale diede avvio alla letteratura sul far west.

Non aveva studiato tanto e non aveva forse una gran penna Charlie Angelo Siringo, ma il modo in cui ha descritto nel suo primo libro A Texas Cowboy la cattura di Billy the Kid, ad opera del suo amico Pat Garrett celebrato anche nello straordinario film di Sam Peckinpah con la colonna sonora di Bob Dylan, ha la freschezza dei grandi racconti d’avventura.

E alla fine dell’Ottocento ha avuto un clamoroso successo con la vendita di oltre un milione di copie. Perciò possiamo considerarlo uno dei padri, forse il più famoso, del genere western. Ma Siringo non era un uomo che riusciva a rimanere seduto a scrivere e, infatti, decise di trasferirsi a Chicago, dove cominciò una nuova vita, come agente della più famosa agenzia di investigazione americana, la Pinkerton.

Così cominciò a viaggiare per gli Stati Uniti e prese parte alla caccia del famigerato e temuto “Mucchio selvaggio”, un gruppo organizzato di criminali che era specializzato nelle rapine e nei furti ai treni.

Siringo non smise comunque di scrivere e prima di morire, pubblicò altri cinque libri: due dedicati al West (“A lone star cowboy” e “History of billy the kid”), altri due al suo lavoro di agente investigativo (“A cowboy detective”e “Two Evil Isms”) e infine la sua biografia (“Riata and Spurs”). In seguito, si ritirò ad Holliwood, in California, dove divenne un importante referente per attori, registi e sceneggiatori che traevano ispirazione dai suoi racconti per il nascente cinema western.

Da quelle prime produzioni fino ai nostri giorni la lista di opere, letterarie e cinematografiche, che hanno portato in scena l’ovest americano è infinita, e sappiamo che questo tipo di storie hanno influito nel dare impulso ad altre forme d’arte. Si può affermare che letteratura e cinema siano, in questo genere più che in altri, andate a braccetto dagli esordi fino ad oggi.

Si sono alimentate reciprocamente dandosi continuo impulso. Molti romanzi degli autori più importanti sono stati trasposti su pellicola, alcuni in più di una versione. E la popolarità e il livello di coinvolgimento del grande pubblico di alcuni di questi film hanno “restituito” importanza e visibilità al genere letterario.

Ci chiediamo perché, quindi, perdura e si rigenera l’interesse per questo tipo di storie? cosa spinge a voler rivivere il mito della frontiera e dei personaggi che la popolano? Alcuni elementi caratteristici, hanno comunque un certo appeal su una parte di pubblico: il mito del “made in Usa” e quella forma di patriottismo portata spesso al limite; un po’ di “sano machismo” e i conflitti che ne scaturiscono sono solo alcuni esempi.

L’eroe è spesso rappresentato da personaggi che hanno una moralità discutibile o un passato caratterizzato dalla violenza da cui cercano di affrancarsi. E questo ci può affascinare, se condito con assalti alle diligenze, ai treni, alle banche, ricerca dell’oro, grandi migrazioni di persone e di bestiame, duelli a colpi di pistole e fucili, cavalcate infinite, risse nei saloon, amori improbabili, guerre fra bande e coi tutori della legge, scontri fra bianchi e indiani.

Tutto ciò che caratterizza il mito della frontiera parte da una delle necessità primarie dell’uomo: sopravvivere. Spesso uno dei nemici più difficili da sconfiggere è il paesaggio, la natura ostile e selvaggia: attraversarla indenni, piegarla e modellarla per le nostre esigenze esprime un primordiale senso di libertà.

Si prova contemporaneamente invidia e ammirazione per questi uomini e donne audaci che, carichi di coraggio e spirito pionieristico, assecondano il richiamo all’avventura, vanno in cerca di riscatto, si oppongono a chi cerca di ostacolarli. Sentimenti come l’amicizia, l’amore, la compassione, e i rispettivi contrari, muovono costantemente queste storie, sono il motore di tante avventure.

La società western, poi, era regolata più da codici d’onore, piuttosto che da una tangibile applicazione della legge, tanto che i personaggi, il più delle volte, circoscrivono nella comunità di appartenenza il limite delle loro azioni e della loro idea di ciò che sia giusto o sbagliato.

Il Western rappresenta una versione del mondo che solo superficialmente può essere considerato antiquato, superato. Se visto in modo più profondo, smuove l’io più profondo, tocca le corde più antiche e selvagge.

E, se ciò avviene fra verdi pascoli e immense praterie, montagne incantate e allo stesso tempo minacciose o in riva a fiumi che possono scorrere placidi e tranquilli, ma anche impetuosi e pericolosi ne vaniamo in qualche modo attirati, colpiti e ispirati. Angela Marina Strano
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