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Il vento, gli oleandri e il ruscello: in Sicilia si può fare il bagno (all'ombra) di un mulino

Un'escursione in un luogo unico: poco più in alto a destra rispetto alla struttura sorge un delizioso boschetto di alloro di una varietà molto profumata

Santo Forlì
Insegnante ed escursionista
  • 21 settembre 2023

Il ruscello del mulino di Caronia

Un placido rivo, un mulino restaurato e tanti oleandri in fiore. Un’insolita camminata fra pozze d’acqua, massi levigati e sentieri in terra battuta. Un’escursione terracquea con il gruppo: "I Nebrodi", nel demanio di Caronia, uno degli ultimi comuni del messinese del lato tirrenico.

Il primo tratto del percorso di circa quattro chilometri l’abbiamo fatto su una polverosa ed assolata sterrata, eravamo nel pieno dell’estate, fino a quando non siamo giunti ad un mulino, l’unico fra quelli esistenti a ridosso della vallata in buono stato di conservazione. Ivi lasciati gli zaini e calzati scarpe da scoglio ci siamo inoltrati nel greto del torrente Caronia per risalirlo.

Nel tratto iniziale abbiamo trovato una conca d’acqua passibile di essere attraversata anche a nuoto, altrimenti la si poteva guadare pur con una certa fatica, ma comunque è stata utile per darsi una rinfrescata. Abbiamo proseguito un po’ a guado e un po’ tenendoci in equilibrio sui massi.
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La vegetazione sulle rive era costituita soprattutto da oleandri in fioritura color rosa. Abbiamo continuato a risalire il corso del torrente che fluiva abbastanza lentamente a causa della sua ridotta portata.

Solo qualche minimo tratto consentiva di adagiarsi e tentare di stare a galla, ma sempre facendo attenzione di non sbattere o scivolare sui sassi. Il letto del torrente era prevalentemente occupato da massi bianchi più o meno levigati. Alcuni erano coperti di alghe, altri di muschio verde o biancastro.

L’esiguo corso d’acqua formava qualche pozza dove c’era qualche affossamento, altrimenti scorreva pigramente e quasi ristagnava. Intanto s’era fatto mezzogiorno, di fuoco come direbbe qualcuno, il sole picchiava e chi aveva le spalle nude ha incominciato a sentire qualche principio di ustione e se le è immediatamente colorite.

Poiché non c’era più tempo per proseguire, abbiamo decretato la fine del nostro precorso e ci siamo concessi un attimo di sosta. Ne ho approfittato per distendermi dentro un rivolo d’acqua, avevo trovato un sasso levigato su cui appoggiare la testa come su un cuscino e stavo comodo come un pascià.

Purtroppo è durato poco. Dopo siamo ridiscesi per la stessa strada che avevamo fatta all’andata. Il percorso ci è sembrato più facile, forse perché eravamo più assuefatti ai luoghi ed anche perché l’abbiamo fatto in discesa.

Al ritorno ci siamo concessi la pausa pranzo al mulino, una struttura del 1860 recentemente restaurata e in buono stato di conservazione. Il nostro capogruppo Giovanni oltre a farcelo visitare ce ne ha spiegato le funzioni. L’acqua veniva captata dal torrente Caronia con una conduttura a mezza costa.

Più in alto rispetto al mulino c’è una grande vasca, attualmente a secco ma passibile di essere rimessa in funzione. Questa serviva per alimentare il mulino che così poteva funzionare pure nei periodi di bassa portata del torrente.

Fra l’ingranaggio superiore e quello inferiore c’è una conduttura a rastrelliera che serve a velocizzare il cammino delle acque. Le macine vere e proprie sono delle mastodontiche ciambelle di quarzarenite che è la pietra della zona.

Le pale del mulino sono invece costituite da molteplici lamellati di legno.

Un poco più in alto a destra rispetto alla struttura sorge un delizioso boschetto di alloro di una varietà particolarmente profumata. Gli alberi sono disposti su più livelli separati da quinte rocciose: il tutto sembra disposto ad arte, in più l’associazione che lo ha in consegna l’ha attrezzato e lo tiene perfettamente pulito.

Avviati sulla strada del ritorno, abbiamo notato dei campi che prima in un tempo non lontano dovevano essere adibiti a colture, ma che adesso sono in stato di abbandono.

La riva del torrente era molto estesa ed interamente coperta da fitte distese di oleandri rosa che coprivano vasti spazi come un’unica grande pennellata di colore.
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