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La panella agrigentina, anno di grazia 1954: quando Musicò scoprì la "grave mancanza"

Hanno il colore dei templi greci le panelle della famiglia Musicò ad Agrigento. Da 70 anni tengono alta la tradizione intramontabile del cibo da strada che prima di allora si mangiava solo a Palermo

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 3 giugno 2021

La storica panelleria di Agrigento Musicò

Hanno il colore dei templi greci le panelle della famiglia Musicò ad Agrigento. Da quasi settanta anni tengono alta la tradizione intramontabile del cibo da strada. Il profumo dei loro panini ti conquista appena sei all'ombra dei ficus della "Passeggiata", il viale alberato caro a Pirandello, che si affacciava da questo straordinario balcone naturale per godere della splendida visione della costa agrigentina da Porto Empedocle a Punta bianca, con un colpo d'occhio - che ti lascia senza fiato - della Valle dei Templi e dei mandorli in fiore.

Ma Pirandello non ha potuto gustare le panelle nella sua città natale, mentre si narra che il celebre letterato italiano, amasse gustarle a Palermo o anche altrove tra la scrittura di un'opera e l'altra. L'anno di nascita della panella agrigentina è, infatti, il 1954.

Giuseppe Musicò, giovane palermitano, capitò quell'anno ad Agrigento, chiamato lì da uno zio che gli fece intendere che la città siciliana portava ancora le ferite del dopoguerra e aveva bisogno di braccia di giovani muratori per ricostruire. I muratori palermitani erano uguali a quelli agrigentini, laboriosi e allegri, ma Peppe Musicò trovò una differenza, una grave mancanza e quella personale scoperta cambiò la sua vita: nella pausa pranzo i suoi colleghi non mangiavano panini con le panelle.
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Uno spuntino, infatti, quello del panino con le panelle, ignoto allora agli agrigentini, mentre per il giovane palermitano sfamarsi con una mafalda (pagnotte tonde) oppure con la moffoletta, rigorosamente con il "cimino" (semi di sesamo), imbottita di panelle, era un ristoro irrinunciabile quando era a Palermo.

Divenne subito certo che gli agrigentini avrebbero fatto la fila per quella sfoglia sottile di impasto di ceci dal sapore unico e così raccolse la sfida e per merito suo la panella tornò ad Agrigento. Diciamo che vi tornò perché nei suoi 2600 anni di storia la città aveva conosciuto questa delizia della gastronomia mediterranea. Gli arabi nel periodo in cui conquistarono l’Isola macinavano i semi dei ceci per ricavarne una farina che, mescolata all’acqua e cotta sul fuoco, dava vita ad una impasto crudo e dal sapore particolare, che però non tutti allora trovavano piacevole. Pertanto la novità arrivata da lontano si eclissò con la fine della dominazione araba in Sicilia per lungo tempo.

Più tardi nella città di Palermo vide la luce la prima "panella" fritta dell’era moderna, inventata dal popolino per potersi sfamare. La capitale delle panelle era Palermo, così Peppe Musicò vi andò a comprare le farina di ceci e divenne maestro panellaro.

Faceva da sé l’impasto, quindi dava forma alle quadrate panelle e, tagliata una pagnottella, le adagiava sulla bianca mollica.
Cominciò presentandosi di buon'ora allo scaro (il mercato antico della città) con una carrettella, che spingeva da solo, piena di panini con le panelle, già pronti, e poi da lì all’ora del pranzo andava nei cantieri e quindi in giro fino all’ultimo panino da vendere.

Cinque panelle 25 lire, se vuoi gustarle da sole, ma se con un panino, da 25 lire, il prezzo arrivava a 50 lire.

E presto non dovette andare lui con la carrettella verso i suoi clienti e "abbanniare", cioè gridare per richiamare l'attenzione della gente su ciò che offriva, ma furono gli agrigentini ad andare a cercare Musicò per assicurarsi quello snack siciliano nutriente ed energetico e così tanto delizioso, che veniva (e viene ) preparato davanti il cliente e addentato ancora caldo e fragrante.

Una delle piazze della città divenne una sorta di street food e la baracca di Musicò divenne parte integrante del panorama di quell'ampia piazza cittadina, divenuta negli anni Sessanta ampio parcheggio e capolinea degli autobus cittadini. D'estate, però, la baracca delle panelle la trovavi (e la trovi) sul lungomare di San leone, il lido di Agrigento, dove gli agrigentini cominciarono presto a costruire la loro seconda casa e dove comunque da tempo trascorrono le serate estive.

Le panelle di Musicò vanno benissimo agli agrigentini a tutte le stagioni.

Conquistano presto i giovani liceali, che passano da Musicò per il panino della ricreazione o quando marinano la scuola; gli impiegati, le massaie, i pensionati, ma anche amministratori, avvocati, medici…

Questo laborioso paninaro da il meglio di sé in occasione della festa di San Calogero, a cui è particolarmente devoto. Durante questa antica festa dei contadini, viene benedetto per l’occasione un panino con semi di finocchio selvatico e tanti vanno dal panellaro Musicò per farne un gustoso panino con le panelle.

Anche ad Agrigento, dalla seconda metà degli anni Cinquanta, le panelle cominciano così a diventare un grande piacere della vita. Così l'ex muratore Peppe Musicò, divenuto imprenditore della panella, presto ha i mezzi necessari per aprire un laboratorio nel centro storico delle città e mettere su famiglia. Sposa la giovane Calcedonia Giallanza e mette al mondo cinque figli. Uno di loro Gioacchino, detto Lillo, fin da giovane ha deciso di affiancare il padre e la madre nell’attività e dopo che questi è andato in pensione ha continuato la tradizione familiare. Da alcuni decenni ha una baracca stabile al Viale della Vittoria con tutto il necessario per preparare davanti ai clienti le panelle.

«Un lavoro che mi ha conquistato fin da piccolo. Vedendo con quanto amore lo faceva mio padre e anche vedendo che si tratta di un’occasione di incontrare la gente, conoscersi e volersi bene, anch'io ormai da trentacinque anni mi dedico ogni giorno a questa attività – dice Lillo Musicò – Il panino crea legami che diventano autentici».

La panineria di Lillo Musicò al Viale della Vittoria è da tempo in città il tempio dello Street Food. Conquista anche i numerosi turisti. Molti la scoprono per caso, altri ne hanno saputo già qualcosa grazie ad Internet e la rivelazione di un sapore così accattivante viene da tanti socializzato con i selfie mentre si addenta o con giudizi lusinghieri sui portali turistici e gastronomici.

«Oggi la mia speranza è che qualcuno della mia famiglia (Lillo Musicò è anche nonno) raccolga la mia eredità di panellaro e continui la tradizione. Il nostro nome è legato ad questa storia. Sono certo che ancora tante generazioni di giovani apprezzeranno questo panino nato dal popolo e diventato un simbolo della nostra terra, dove le cose semplici ma ben elaborate e fatte con amore conquistano il mondo», conclude Lillo Musicò, "U paninaru di Giurgenti" .
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