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Due parole con Camilleri e un nuovo romanzo

  • 17 aprile 2006

L'ultimo libro di Andrea Camilleri lascia dentro delle immagini vivide e persistenti: le descrizioni degli ambienti e dei personaggi con le loro storie e la loro umanità. Ripescando fra i ricordi letterari, cercando fra pagine altrettanto generose di sensazioni quale altro scrittore siciliano in passato avesse trasmesso con la stessa intensità emozioni e immagini, tra tutti è emerso Giovanni Verga. Ne "La pensione Eva" infatti (Mondadori, pp 189, euro 14), come in tutti i romanzi del filone storico dell'autore empedoclino, i luoghi, i sapori, i paesaggi, uomini, donne e le loro tragiche vite sono descritte con una efficacia ed una profondità che si ricorda solo nel Verga verista. Toni diversi, momenti storici non confrontabili, sono innumerevoli le differenze tra i due autori, ma c'è un filo che li lega: entrambi "disegnano" le loro storie e i loro protagonisti con tratti indelebili.

"La pensione Eva" racconta le vicende che ruotano attorno ad una casa d'appuntamenti, sullo sfondo la seconda guerra mondiale e l'imminente sbarco in Sicilia degli alleati. I personaggi sono giovani e focosi maschi siculi, bellissime "signorine", spregiudicati imprenditori del sesso, preti, politici, nobili spiantati, giovani innamorati... l'umanità, ancora una volta protagonista assoluta. La pensione Eva è un luogo magico, una specie di macroscopico Aleph, una sorta di tempio nelle cui vicinanze sembrano concretizzarsi dei veri e propri miracoli, un luogo nel quale l'amore sembra essersi rifugiato in tempi duri e violenti.

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Questo luogo attira Nenè, uno dei giovani protagonisti, e i suoi "compagnuzzi", condizionando le loro esistenze con un potente magnetismo. La lettura del romanzo è come sempre piacevole e anche troppo scorrevole, si scivola fino alla conclusione col desiderio di "averne ancora un po'". Agli aficionados del Maestro quindi ne consigliamo fortemente la lettura, potrebbero scoprire in che condizioni è maturata "la prima volta" del nostro autore... che avete capito? Parliamo della sua prima sigaretta! A proposito, potevamo chiederglielo! Eh sì, perchè il nostro Autore, con molta cortesia si è dimostrato disponibile ad una chiacchierata e ci ha concesso una breve intervista.

Maestro Camilleri, il grande pubblico la conosce soprattutto per i suoi romanzi, ma lei oltre ad essere uno degli scrittori contemporanei più affermati, ha all'attivo diversi decenni di teatro ad altissimi livelli e non tutti i suoi lettori sanno che – ad esempio – lei è stato il primo a portare Beckett nei teatri italiani. Che gratificazione in più le offre la scrittura rispetto al teatro e viceversa, e cosa pensa di poter offrire al pubblico meglio con una delle sue due arti piuttosto che con l'altra?
«Fare il regista teatrale significa raccontare, interpretando le storie altrui con parole altrui. Scrivere un romanzo significa raccontare una storia tua con parole tue. Questa è la differenza sostanziale».

Lei usa generalmente una terza persona estremamente potente e mobile, ora lontana da un personaggio, quasi a prenderne le distanze, ora vicinissima ad un altro, sempre efficace nel mettere in risalto l'umanità su cui scorrono le sue trame, come sarebbero stati i suoi romanzi se li avesse scritti in prima persona?
«Non so, penso che scrivere in prima persona sia almeno per ciò che mi riguarda estremamente rischioso per l’inevitabile e anche inconscio coinvolgimento del narratore nella storia narrata. La terza persona consente non solo un’estrema oggettività del racconto ma anche la possibilità di scelta, di messa a fuoco di un personaggio, di una situazione a volta a volta indifferente».

Nonostante non ci sia alcun dubbio sulla sua "sicilianità", lei è un italiano nato in Sicilia che vive fuori dall'Isola e la guarda dall'esterno. Una posizione privilegiata per un osservatore d'eccezione. Cosa vede?
«Certe volte vedo chiaro e certe volte vedo scuro».

Lei è uno degli autori più prolifici dell'attuale panorama letterario, fermo restando il sano e serio principio per cui – come lei stesso dichiara – scrive di cose che conosce, chi la legge non può non chiedersi: come fa? Dove e come nascono le sue storie?
«Le mie storie, se si tratta di romanzi storici, nascono sempre da uno spunto storico, se si tratta di romanzi o racconti del Commissario Montalbano sono sempre frutto di un fatto di cronaca che io rendo irriconoscibile».

Secondo lei, qual è il dovere di un artista "dotato del verbo e del discernimento" nei confronti del suo pubblico, oggi, nel nostro paese?
«Nessun dovere nei confronti nel pubblico, il dovere è solo nei confronti di me stesso di scrivere quello che penso nel modo migliore possibile».

Vuole davvero dare un dolore al suo pubblico? Vuole davvero privarci di Montalbano?
«Come ho gia spiegato non ho nessuna intenzione di far morire il Commissario Montalbano. Ho solo trovato una soluzione letteraria per l’ultimo Montalbano, è un romanzo che ho scritto e consegnato all’editore Sellerio. Sarà l’ultimo romanzo del commissario e nel frattempo ce ne saranno degli altri».

Possiamo sapere cosa verrà dopo "La pensione Eva"?
«Il 20 aprile uscirà per la Sellerio “La vampa d’agosto”, il nuovo romanzo del Commissario Montalbano».

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