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Giuseppe Tornatore, dall'esordio in Rai al suo ultimo film "La migliore offerta"

Il regista siciliano presenta il suo ultimo film "La migliore offerta", già campione di incassi, e ripercorre la sua carriera a partire dall'esordio in Rai

  • 4 gennaio 2013

Geoffrey Rush e Giuseppe Tornatore nel film "La migliore offerta"

La mole di gente arrivata per dare il benvenuto a Giuseppe Tornatore ha dell’incredibile. L’Auditorium Rai di Palermo che ospita la presentazione, condotta da Salvatore Cusimano e Gian Mauro Costa. del nuovo film “La migliore offerta” e dell'omonimo racconto edito da Sellerio, è stracolmo, come pure le sale adiacenti aperte in extremis per accogliere la folla inattesa, mentre fuori all’ingresso un lungo serpentone è ancora in fila e pressa per entrare.

A chiamarlo "Peppuccio" lì dentro sono in tanti: dopotutto, il successo di Tornatore partì proprio dalla sede regionale della Rai, dove molto prima che Nuovo Cinema Paradiso diventasse l’intenzione di un soggetto, il regista di Bagheria esordì attraverso alcune esperienze documentaristiche e televisive. «Fu un periodo di grande energia in cui tutto cominciò con l’acquisizione da parte della Rai di un mio documentario in super 8. - ci racconta Tornatore in una carrellata di ricordi tra spezzoni video e aneddoti - Mi affidarono dei programmi televisivi, inchieste, documentari, la regia dei Tg. Era l’epoca in cui le sedi regionali avevano spazi di programmazione autonoma diretta, si sperimentava molto di più, c’erano molti più tentativi di raccontare la nostra regione. Materiale oggi preziosissimo».

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Qualche ora prima, in un incontro riservato alla stampa al Grand Hotel Des Palmes, Tornatore ci conduce in un ulteriore salto temporale che dall’esperienza Rai vissuta con la “frenesia del fare” e un regime lavorativo pieno di straordinari, porta fino all’esordio dell’ultimo film, già campione di incassi nei primi giorni di proiezione nelle sale cinematografiche. “La migliore offerta” è una storia d’amore anomala: la drammaturgia del processo di innamoramento costituisce la trama non di una commedia ma di un thriller. Il protagonista, Virgil Oldman interpretato da uno straordinario Geoffrey Rush, è un battitore d'aste con un'infallibile capacità di distinguere il vero dal falso: maniacale, ostico, bisbetico, autoritario ma profondamente fragile, in perenne fuga dal mondo che tiene rigorosamente lontano attraverso l’uso scrupoloso di guanti, ad evitare il contatto con qualsiasi oggetto.

E poi le donne, che hanno accesso nella sua vita solo attraverso i dipinti della sua collezione privata: più di trecento ritratti di donna tutte con lo sguardo fisso sull’osservatore - la sola raccolta dei dipinti provenienti da ogni parte del mondo è costata al regista più di un anno di ricerche. Infine, l’apparizione di una ragazza, che lo incarica di occuparsi della dismissione di alcune opere d’arte di famiglia, ma che finisce puntualmente per mancare ogni appuntamento. La misteriosa giovane vive chiusa in un mondo di ossessioni che non la rendono così lontana dalle manie del protagonista. Entrambi impegnati nel rifiuto della realtà circostante ma con mezzi e paure diverse.

«Il progetto nasce da due idee che non hanno avuto il destino di diventare film, storie che ciclicamente abbandonavo nel fondo dei cassetti. In una la protagonista era una ragazza agorafobica, nell’altra un battitore d’aste. Anni dopo finii per scoprire che queste due storie incompiute - o che io non volevo compiere - avevano degli elementi di attrazione interna. Provai a unire le tracce e la storia si completò da sè». Uno dei pochi casi, nella produzione filmica del regista siciliano, in cui la storia é calata in un contesto astratto, non identificabile: le riprese, girate tra Trieste, Vienna, Bolzano, Parma, Praga, Roma e Milano collocano la trama in uno spazio sospeso.

E a chi insiste nel chiedere cosa vi sia di siciliano nella nuova pellicola - il regista che ha saputo raccontare i nomi, i volti, la poesia e la brutalità di una terra che è stata sempre sua - sorvola e risponde con superficialità che forse di siciliano non c’è proprio un bel nulla. Poi torna indietro, si corregge e, quasi improvvisamente illuminato, ricorda: «Una delle ossessioni del protaginista é l'igiene. Non toglie mai i guanti, e nei ristoranti presso cui si reca ha perfino posate e bicchieri riservati esclusivamente a lui. Quando mi sono ritrovato a realizzare il mio personaggio, mi è tornato alla mente un uomo, che resterà anonimo, ma che vive a Porticello ed è chiamato u pulito: camminava portando sempre con sé una penna che usava per spostare gli oggetti o per non sporcarsi le mani nel caso in cui doveva suonare al citofono. Nella sua ossessione, u pulito mi ha aiutato a costruire il film»

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