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La precarietà del lavoro nell'esordio di Accardo

  • 13 marzo 2006

Giovanni Accardo, scrittore esordiente, con il suo primo romanzo “Un anno di corsa” (edizioni Sironi, Euro 14,50), caratterizzato da un linguaggio giovane che denuncia particolare perizia strategica, si occupa del precariato nel mondo del lavoro di oggi. Una sfida che quest’autore di origine siciliana, residente a Bolzano, ricompone e dipana, in tante scatole cinesi, con il linguaggio dell’ironia e, anche, dando forza al protagonista: un siciliano laureato in lettere con 110 e lode, afflitto da disoccupazione, che convive in un mini appartamento nordico di 32 metri quadrati, con un coetaneo leghista. La situazione creata da Accardo è così paradossale. Con un protagonista disperato, ridicolo, esagitato, perdente, e un deuteragonista all’opposto, serafico, privo di apparenti problemi e, peraltro, capace di galleggiare in ogni traversia. Com’è stato anche evidenziato dal critico e giornalista Salvatore Ferlita, nel corso della presentazione al Parco Letterario Tomasi di Lampedusa organizzata dalla libreria Modus Vivendi, questo romanzo può anche essere definito sociologico, ma con le necessarie cautele (visto che in Italia il genere è stato sostituito dal poliziesco). Il linguaggio è rapido ed essenziale, oltre che ironico, tipico delle realtà aziendali, come si apprezza nelle pagine in cui si riproducono la realtà degli annunci di lavoro, che il protagonista di volta in volta legge, o anche la banalità delle domande (dei colloqui di lavoro condotti da solerti selettori) che quasi omologano l’individuo nelle sue risposte. Una fra le più sintomatiche: “Cos’è la felicità?”, per essere assunto come venditore porta a porta di aspirapolveri ad acqua.
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L’autore pertanto, indipendentemente dalle sue origini isolane, rifiuta l’ambientazione siciliana, perché questa è la storia di un viaggio di necessità, una necessità che porta il protagonista a un cambiamento, quindi a rivelare una identità diversa, nuova, rispetto a tutte quelle da lui assimilate, vissute e di volta in volta incontrate. Il viaggiare tra i due poli nord-sud, ma anche nell’iper-cattolico nord-est dell’Italia, apre la strada alla disillusione, alla perdita delle aspettative mirate. Il protagonista del romanzo, calato in diversi ruoli di lavoro, lontani dal suo diploma di laurea, da distributore di volantini pubblicitari a cameriere in un ristorante da matrimoni, da procacciatore di clienti per un mobilificio ad addetto allo strangolamento dei polli in una polleria, nella sua continua corsa si trasforma in astioso, polemico, intrattabile, paranoico e con innumerevoli fobie e visioni, queste tutte espressioni del suo fallimento. La tragicomicità del testo è comunque un puntuale resoconto di come l’incertezza del futuro, l’impossibilità di lavorare con soddisfazione, il precariato, trasformino il corpo e la psiche degli individui nell’attuale quotidianità.
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