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La Sinfonica ricomincia dai classici

  • 16 settembre 2006

Riparte la stagione dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, che riprenderà la sua regolare programmazione il 29 settembre alle 21.15, il 30 e l’1 ottobre, rispettivamente alle 17.30 e alle 11 al teatro Politeama Garibaldi di Palermo (piazza Castelnuovo), con il maestro Dmitrj Sitkovetsky alla direzione ed Edoardo Zosi al violino, proponendo il "Concerto in re maggiore opera.61 per violino e orchestra" di Beethoven, l’"Ouverture, Scherzo e Finale opera 52" e la "Sinfonia numero 4 in re minore opera 120"di Schumann.

Un concerto che sarà anticipato da un fuori programma previsto per venerdì 22 a Villa Trabia (via Salinas, 3) e in replica sabato 23 a Villafrati (Palermo) e domenica 24 a Bagheria (Palermo) alle ore 21, con il direttore d’orchestra Nicola Paskoski e l’accompagnamento del flautista Giorgio Di Giorgi, presentando la "Sinfonia numero 26 in re minore ‘Lamentatione’" di Haydn, il "Concerto numero1 in sol maggiore per flauto e orchestra K 313" di Mozart e la "Sinfonia numero 7 in la maggiore opera 92" di Beethoven (per tutti gli spettacoli l’ingresso costa 5 euro l’intero e 3 euro il ridotto).
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Il "Concerto in re maggiore opera 61 per violino e orchestra" è una felice traduzione di elementi vocali in strumentali, ispirandosi alla semplicità del canto disteso: nel Larghetto il violino distende le sue sonorità acute, mentre gli archi dipingono un contesto caldo e sommesso. L’opera, che inizia con cinque note di timpano in pianissimo, ignora i contrasti o i conflitti interiori, ponendo invece l’accento su una liricità senza paure o timori.

L’"Ouverture, Scherzo e Finale opera 52", composizione per orchestra terminata in tre settimane nel 1841, presenta elementi dello stile mendelssohniano e si caratterizza per profondità di pensiero, celata da una vivace agilità, mentre nella "Sinfonia numero 4 in re minore opera 120", ricca di materiale melodico e ripresa a distanza di anni, si palesa il bisogno di uscire dagli schemi classici, esigendo l’immediatezza espressiva delle brevi frasi musicali, che si piegano alla volubilità psicologica e alla mobilità sentimentale dell’animo.

Assumere i titoli delle sinfonie di Haydn come indicazioni sul significato intrinseco delle sue composizioni, apre una problematica che investe la questione della genesi dell’opera: il titolo guidava davvero la creazione musicale haydniana? Da quanto si deduce dagli scritti dai suoi biografi, per il maestro austriaco, che non amava far chiacchiere sulle sue fonti d’ispirazione, il descrittivismo era un fattore secondario: «[…] di solito nella musica strumentale lascio liberamente correre la mia pura fantasia musicale». Tuttavia sembrerebbe che con la "Sinfonia numero 26 in re minore ‘Lamentatione’" ci fosse in realtà un preciso aggancio: quello religioso, ovvero le "Lamentazioni" di Geremia, modello perfetto del rimprovero al peccatore.

Un facoltoso uomo olandese, De Jean, appassionato di arte e dilettante di flauto, commissionò al ventunenne Mozart tre concerti e un gruppo di quartetti brevi e di facile fattura, per cui pagò 96 fiorini: non si può dire che in tali opere l’autore rivelasse un minore impegno, dato che esse non erano né brevi, né di semplice esecuzione. Fra queste spicca il "Concerto numero 1 in sol magg. per flauto e orchestra K 313": i primi due movimenti sono elaborati, mantenendo un adeguato equilibrio fra orchestra e solista, il quale non porta mai avanti un discorso del tutto individuale, neanche nel terzo movimento colmo di grande invenzione e contrasti di idee.

Benché fosse stata accolta con favore dal pubblico viennese, la "Settima Sinfonia in la maggiore opera 92" di Beethoven disorientò i musicisti del tempo: Federico Wieck, il padre di Clara Schumann, la indicò come una composizione di un ubriaco, Weber rimase perplesso di fronte agli «eccessi» della sinfonia e lo stesso Wagner disse che il Finale della "Settima" «non è più musica». L’impetuosa sinfonia protende verso l’apoteosi finale, con un ritmo che spinge la musica oltre e che investe senza scrupoli anche il triste Allegretto, in una corsa che accumula energia e che esplode in una drammaticità danzante.

Dmitry Sitkovetsky, nato a Baku, ha studiato al Conservatorio di Mosca e dopo un decennale soggiorno negli Stati Uniti, dal 1987 risiede a Londra. Ha collaborato in veste di violinista nelle più importanti orchestre europee e americane, fondando con James Crabb, nel 2002, il "Quintetto Tango" che include due dei membri originali del "Quintetto Piazzolla", con il quale partecipa al Festival Internazionale di Edinburgo. Sitkovetsky è riconosciuto anche come direttore d’orchestra, guidando in via del tutto eccezionale molte orchestre a livello internazionale e trascrivendo più di venticinque composizioni per archi. Possiede un’estesa discografia ed è un celebre interprete di musica novecentesca, esibendosi in opere di Dutillieux, Penderecki, Schnittke e Pärt.

Il milanese Edoardo Zosi, classe 1988, è stato iniziato alla carriera di violinista all’età di tre anni e attualmente studia al Conservatorio di Milano, seguìto peraltro dallo strumentista russo Sergej Krilov. Nel ’94 ha debuttato alla Sala Verdi del Conservatorio della sua città, mentre nel 1998 ha seguito i corsi di perfezionamento all’"Accademia Internazionale di Portoguaro". Nonostante la sua giovane età, Zosi ha conseguito cinque primi premi, esibendosi in numerose città italiane e riuscendo a vincere, nell’ambito della manifestazione "Sanremo Classica", una borsa di studio assegnata da una giuria composta dai direttori dei più importanti conservatori italiani.

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