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Michele Abbondanza: «La danza è in crisi nonostante i talenti»

  • 27 novembre 2006

E' arrivato alla sua parte conclusiva il laboratorio nazionale di danza diretto da Michele Abbondanza e Antonella Bertoni in occasione di “Artisti per Alcamo-Strade”, annuale festival di arte e cultura, organizzato dall’Associazione per l’Arte (AXA) di Alcamo sotto la direzione di Giuseppe Cutino. Il seminario, che ha visto una prima fase dedicata alla preparazione tecnica degli allievi vede i danzatori partecipanti impegnati in “prove di creazione” e nell’approfondimento degli aspetti compositivi per arrivare ad una “presentazione finale” del lavoro svolto nello spettacolo “L’essere scenico”, che si terrà ad Alcamo (Tp) l’1 dicembre presso il Teatro Cielo D’Alcamo (in piazza Castello). In occasione di questo evento Balarm.it ha intervistato Michele Abbondanza che, assieme ad Antonella Bertoni, dirige dal 1995 la Compagnia Abbondanza/Bertoni, uno dei primi gruppi di ricerca nel campo della danza contemporanea in Italia.

Che ne pensa dell’attuale panorama della danza contemporanea in Italia?
«Probabilmente rischio di essere retorico ma la realtà è purtroppo sempre la stessa: c’è da piangere. Ci siamo stufati della situazione in cui versa non solo la danza contemporanea ma anche tutta la cultura in Italia. Si tratta di un problema più ampio che riguarda la politica culturale in generale. Così come non si concentrano adeguate risorse nella ricerca del sapere lo stesso avviene per quanto riguarda le arti sceniche. Si punta molto di più sull’apparenza che sull’essere e si dà più importanza alla quantità che alla qualità. E’ invece alla qualità che si dovrebbe prestare maggiore attenzione e su questa investire di più. Ma questo non viene fatto se non si intravede la possibilità di un immediato ritorno economico».

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Quindi il potenziale artistico al paese non manca?
«Assolutamente. L’Italia è piena di talenti. Le potenzialità ci sono ma mancano degli investimenti che permettano di svilupparle. La lunga storia che ho alle spalle lo dimostra. Quando ho cominciato negli anni ottanta avevo diciannove anni e non c’era nessuno che volesse investire nella danza contemporanea. Solo adesso con grandi sforzi siamo finalmente riusciti a farci conoscere, ma non è ancora abbastanza. Gli artisti sono costretti ad arrangiarsi e se questa difficoltà spesso permette il nascere di cose importanti perché attraverso il dolore si affinano le proprie capacità, è anche vero come dicevano i greci che ”di povertà l’uomo perisce"».

Qual è la vostra personale risposta a questo stato di disagio?
«Noi cerchiamo di rispondere con la qualità, la fantasia, la voglia di rischiare ed ottenere dei risultati. È quello che stiamo facendo anche attraverso “Artisti per Alcamo”. Con Giuseppe Cutino ci siamo trovati uniti nella voglia di scommettere sulle potenzialità artistiche siciliane. Di solito siamo abbastanza chiusi nelle nostre collaborazioni, ma in questo caso abbiamo accettato con grande entusiasmo perché riteniamo che la Sicilia sia un giardino, una terra fertile in cui vogliamo gettare un piccolo seme che speriamo possa aiutarla a tornare agli antichi splendori. In fondo è qui che è nato il teatro».

Come ha trovato gli allievi che hanno partecipato e stanno tuttora partecipando al seminario?
«Molto motivati, seri, anche se a volte un pò indisciplinati. Lavorare con loro mi emoziona, perché trovo siano personalità piene di storia e dotate di un passato intenso».

Cosa può dirci dello spettacolo che si terrà a conclusione del laboratorio?
«Sicuramente la sua preparazione non sarà semplice, perché il tempo a nostra disposizione è veramente poco. Ma proprio per questo sarà ancora più interessante. Del resto anche questo fa parte della nostra scommessa».

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