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Un centro per chi soffre della “fame di vivere”

  • 10 luglio 2006

Nella società del benessere le donne sono disperatamente affamate. Di emozioni, relazioni affettive, accettazione.
Schiacciate da un contesto culturale in cui "magro è bello" diventano il bersaglio ideale di fuorvianti messaggi mediatici che enfatizzano la perfezione fisica come unico valore vincente. Nonostante i nuovi ruoli acquisiti, l’altra metà del cielo è sempre più confusa, fagocitata da un vuoto infinito, da colmare con l’eccesso alimentare o, per paradosso, col digiuno. Il cibo diventa così il simbolo del problematico disagio contemporaneo, il nuovo tabù di una comunità afflitta da anoressia e bulimia nervosa, obesità psicogena, abbuffate compulsive; in un’unica sigla: DCA - Disturbi del Comportamento Alimentare.

In Italia sono circa tre milioni le persone affette da queste patologie, decretate dal Ministero della Salute come "malattie sociali" e recentemente protagoniste di una campagna informativa promossa in sinergia col Ministero per le Pari Opportunità. Dagli opuscoli emergono dati allarmanti: negli ultimi tempi le vittime della bilancia, in continua crescita, non sono più solo adolescenti ed adulte, ma anche bambine sotto i 12 anni, donne in gravidanza ed uomini, sempre più fanatici dell’esercizio fisico eccessivo.

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Nella nostra città, il fenomeno è stato recentemente analizzato nel convegno Internazionale “Le figure della fame”, nel quale è stato presentato il CEDIAL (CEntro DIsturbi ALimentari) nato all’interno del Dipartimento Dipendenze Patologiche della AUSL 6 di Palermo ed attivo dal 12 aprile scorso presso il “Presidio E. Albanese”. La struttura ambulatoriale riabilitativa dedicata allo studio, prevenzione e terapia dei DCA è un servizio del tutto gratuito che conta ad oggi 257 pazienti. «Le cause di questi patologie sono complesse» afferma la dottoressa Lia Iacoponelli, psichiatra e responsabile del progetto «Concorrono contemporaneamente fattori biologici, sociali e psicologici; è inutile cercare l’origine scatenante, ogni caso è una storia a parte».

L’obiettivo metodologico del centro si basa su un principio etico prioritario: offrire sostegno alla persona sofferente e alla sua famiglia. Perché inanzitutto, la “malattia dell’appetito” esprime un dolore profondo che usa il corpo per gridare il suo malessere, con un linguaggio rituale di abbuffate incontrollabili, digiuni e rimedi autopunitivi (abuso di lassativi, vomito autoindotto, iperattività). Circoli viziosi in cui il cibo diventa l'anestetico con cui placare angoscia o depressione, innescando ossessivi atti masochistici; in una voragine emotiva vissuta in segreta solitudine, che sgomenta affetti e famiglie.

Il percorso di cura prevede un lungo lavoro di riabilitazione psicologica e nutrizionale, integrazione dell’immagine corporea e capacità relazionale. L’equipe multidisciplinare del CEDIAL, coadiuvata dallo staff dei professori Caretti e Bongiorno dell’Università degli Studi di Palermo, propone un approccio comportamentale tramite la rieducazione alimentare, l’attività motoria, le terapie individuali, familiari e di gruppo; quest’ultime estremamente importanti perché facilitano il confronto e la condivisione, alleviando il drammatico isolamento. Ed ancora tecniche di assertività, per il riconoscimento e l’affermazione delle proprie esigenze; grazie al supporto della biblioterapia, la lettura di testi come mezzo terapeutico di crescita personale.

«Uno straordinario successo si è rivelato la stesura del diario alimentare» rivela la Iacoponelli. «mettendo nero su bianco le loro abitudini i pazienti prendono coscienza dei loro meccanismi, su come sia più “sano”, in un momento rabbia, spaccare un piatto invece che ripulirne voracemente il contenuto». E soprattutto niente diete! Su questo punto la dottoressa è categorica. «La prescrizione dietetica è di per sé alienante, non si può dire ad una persona quando e cosa mangiare, sarebbe come imporle gli orari del sonno. Solo una corretta rieducazione può intaccare il miliardario business dietetico che fomenta la patologia».

Perché si sa, intorno ai bisogni fioriscono i mercati, e nessuno, come insegna Wanna Marchi, è più prolifico della Diet Industry, l’impero economico planetario fondato sul dimagrimento ad ogni costo, che propina incessantemente l’ennesima dieta infallibile, misteriosi “brucia grassi”, testimonianze di sorridenti “miracolati”. A dimagrire è solo il portafogli mentre i costi emotivi dell’insuccesso conducono spesso all’obesità. «E' la forma DCA statisticamente più diffusa che racchiude una sofferenza infinita» continua la Iacoponelli. Proclamata “epidemia globale del terzo millennio” è la seconda causa di morte “potenzialmente prevenibile”.

Altrettanto preoccupanti le stime sull’anoressia, l’estremo rifiuto del cibo, che sta martoriando le teenager di mezzo mondo, in nome della magrezza estrema. Una piaga sociale che ha il suo apice nell’ultimo trend delirante: il proliferare clandestino di siti web con infausti consigli su come diventare anoressiche doc. Resta un corpo annullato che diventa un involucro da riempire e svuotare; palcoscenico di una guerra interiore che distrugge piacere, desideri e possibilità. La paura di mangiare, oggi, è la paura di vivere, di fare entrare l’Altro dentro di noi. E per farlo occorre l’amore più grande, quello per noi stessi. CEDIAL, “Presidio E. Albanese”, si trova presso il Padiglione Florio (2° piano), via Papa Sergio, 5 dal lunedì al sabato (8.30-13.30, martedì e giovedì: 15 – 17). Tel. 091.7036685, sito internet www.cedial.info.

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