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Carmela Petrucci, dopo un anno che cosa è cambiato?

Ad un anno dalla morte di Carmela Petrucci, il liceo classico Umberto I le intitola l'atrio della scuola, mentre in Parlamento viene approvata una legge contro i femminicidi

  • 10 ottobre 2013

Ci sono gesti macchiati di sangue che spesso si fa fatica a cancellare. A volte si collocano in un angolo della coscienza, in silenzio, pronti ad affiorare ogni qual volta la realtà ti ricorda che non bisogna dimenticare. Sono passate 365 notti dal giorno in cui la vita della famiglia Petrucci è cambiata. Era un giorno come un altro quello, dopo la fine della scuola come sempre, Carmela e Lucia, stavano rientrando a casa. Uno squillo al citofono, mentre la nonna è al supermercato di fianco e la chiave che apre il portone dello stabile di via Uditore, chiudendosi per sempre alle loro spalle.

Venti coltellate hanno strappato alla vita Carmela, la più piccola delle due, pronta a difendere la sorella Lucia minacciata a morte da “Tigrotto” - così si faceva chiamare - quel coetaneo conosciuto su Facebook che non esitava a mostrare i muscoli nelle foto profilo e che nel giro di pochi mesi era diventata la sua ossessione. Samuele Caruso il suo nome, un ragazzo di 23 anni che, come tanti, non si è mai rassegnato alla fine della sua storia, preferendo così ad una semplice rassegnazione, un coltello. Adesso a suo carico si è aperto un processo, celebrato con rito abbreviato, rinviato al 30 ottobre.

Un “omicidio d'amore” hanno titolato. No, no e no. Amore e morte nel momento in cui prendono forma nel medesimo segmento linguistico risuonano alle orecchie come un ossimoro che fa orrore. Quell’amore tanto vituperato, nell’istante di un raptus assassino, si trasforma in un pleonastico alibi che fa da sfondo al neologismo introdotto nella lingua italiana come “femminicidio”, un omicidio di genere compiuto nei confronti della donna “in quanto donna”.

Ma ad un anno esatto da quell’ennesimo femminicidio, cosa è cambiato? Il lutto cui si è inginocchiata Palermo ha dimostrato come la violenza contro le donne possa legare, attraverso un filo invisibile, un’intera comunità. Molte le manifestazioni, le fiaccolate, i cortei in nome di un diritto umano che non sia leso da qualsivoglia condotta misogina che prende la forma di maltrattamenti, violenza fisica, psicologica e sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, religiosa, istituzionale e chi più ne ha più ne metta.

Mentre Lucia ha superato a pieni voti l’esame di maturità, a Carmela è stato conferito un diploma alla memoria. E neppure l’istituto che frequentavano insieme le due sorelle ha dimenticato la giovane. Il preside Vito Lo Scurdato ha annunciato che l’atrio del Liceo Classico Umberto I è stato intitolato proprio alla ragazza uccisa, in memoria di quella compagna che nessuno ha dimenticato. A distanza di un anno, il ricordo della vita di Carmela è vivo e dà forza alla famiglia Petrucci, che pretende sia fatta giustizia per la figlia e per tutte quelle donne morte per mano di un uomo violento.

Il Governo si è mosso in tal senso. Così la vita di Carmela è diventata un numero: i dati allarmanti segnano un omicidio ogni due giorni nel 2012. Con 343 sì, il decreto legge sul femminicidio, con i caratteri di necessità e d’urgenza, viene approvato dalla Camera e passato all’esame del Senato. Allontanamento da casa, arresto obbligatorio in flagranza di reato e introduzione del braccialetto elettronico (cautelativo in caso di recidività dello stalker) sono alcune delle misure contenute nel testo normativo. Inoltre, sotto il profilo penale, diventa un aggravante la relazione affettiva della donna vittima di violenza con il suo aggressore, sia per il reato di omicidio che di stalking.

Oggi di Carmela restano le foto, piene di sogni spezzati e traguardi da raggiungere. Resta una targa nell'aula di terapia semi-intensiva pediatrica dell'ospedale Cervello, dove Lucia si è salvata. Resta un eco nelle ricreazioni in atrio al Liceo di via Parlatore. Resta il ricordo che scandisce come virgole la vita di mamma Giuseppina. Restano le lacrime e l’orgoglio di papà Serafino. Resta il sorriso di Lucia, identico a quello della sorellina, solo ad oggi un po’ più spento. Restano le sue cicatrici, nel volto e nel corpo, lenite dallo scorrere del tempo, ma indelebili nel suo cuore.

Resta l’esempio di forza di due piccole donne che si sono opposte all’aggressore con il coraggio che ha portato l’una a perire, per aiutare l'altra a sopravvivere. Di Carmela resta l’assassino, simile a migliaia di altri, braccio killer sostituito al volere divino. Resta una legge in Parlamento contro la mattanza rosa. Resta il ricordo di una mattina d’ottobre, quando una lotta efferata fino all’ultimo respiro ha scritto una prematura fine. Una lotta di corpo o di cuore non fa differenza, quello lì non si chiama amore.

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