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Alicia Keys, “la nuova regina del soul”?

  • 25 luglio 2004

Si fa presto a dire “il nuovo re del funky”, “la nuova regina del soul” o attribuire altri roboanti titoli scomodando magari nomi eccellenti dei tempi che furono. I quali, galoppando ormai le praterie celesti, non possono smentire quei giornalisti e critici privi di senso prospettico che si esercitano in acrobazie storico-musicali per etichettare i nuovi artisti. Dopo due soli cd, infatti, Alicia Keys, che si è esibita sabato 17 luglio al Teatro della Verdura di Palermo, è stata incoronata appunto “nuova regina del soul”. Ma tale investitura potrebbe essere troppo precoce ed intempestiva, almeno stando a quanto visto ed ascoltato sabato notte. Andiamo con ordine: costo del biglietto ai limiti alti, teatro pieno ma non strapieno, una folta rappresentanza di teen-ager in adorazione del mito mediatico (il merito, o la colpa è di MTV) di nome Alicia Keys appunto. Si sono spente le luci in platea, accesi i riflettori, la band ha attaccato un pezzo tipicamente soul ma…la prima parte del concerto è stata gestita interamente dai coristi della Keys, la quale se ne stava sicuramente rintanata da qualche parte, in attesa che il popolo si riscaldasse.

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Codesti coristi hanno appunto sfoggiato le loro qualità canore esibendosi in alcuni standard della soul music, ma per chi ha pagato 55 euro di biglietto la scelta di dividere lo spettacolo in due parti (di cui solo una con la presenza di Alicia Keys) è risultata discutibile. Finalmente, dopo un intervallo prolungato, al rombo dei tamburi di Phil Collins ( si avete letto bene, la Keys si è fatta introdurre da una traccia registrata con uno dei più famosi brani dell’ex-genesis), abbiamo avuto l’onore di vedere entrare in scena la Diva. Sinuosa, carismatica, moderatamente esibizionista. Intanto, tra la gente seduta in platea, si aggirava l’Uomo Nero. Proprio quello inventato per mettere paura ai bambini, solo che sabato sera un Negro Gigante scivolava felpato tra le file di sedioline per spegnere le videocamere del pubblico, senza troppi complimenti. Alicia ha alternato i brani dei suoi cd con qualche golden standard del soul al femminile, esibendosi anche al pianoforte ed al piano elettrico, con notevole tecnica , bisogna ammetterlo. Gli arrangiamenti, in qualche caso bizzarri, delle proprie composizioni hanno in qualche caso disorientato gli spettatori , e la temperatura del pubblico è rimasta freddino, con applausi di cortesia, non di vero travolgente entusiasmo.

Invece abbiamo notato benissimo come il precoce successo commerciale abbia  cominciato a produrre i suoi effetti negativi su Alicia Keys, che in qualche occasione si è proposta in brani teatralmente arrangiati in cui, con orrore, ho intravisto alcune delle stranezze tipiche di un ex bambino prodigio (leggi Michael Jackson) come quando ha impugnato una bacchetta da direttore d’orchestra ed una giacca con le code. Poco più di un’ora di musica, un bis concesso di default, e poi basta. A me, che pure sono propenso all’applauso facile, lo spettacolo è sembrato poco omogeneo, complice anche il limitato repertorio personale della Keys, che probabilmente ha bisogno di sudare molto di più in sala d’incisione e meno di stendersi con movenze sexy sulla coda del pianoforte. Siamo andati via con la sensazione che mancasse qualcosa: pensandoci bene ci mancavano i 55 euro del biglietto…

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