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Il Festino reinventato: arte "riciclata" in una mostra

  • 10 luglio 2006

È l’evento cittadino dell’estate, atteso e vissuto dal “popolo” palermitano con un entusiasmo d’altri tempi, quando processioni e rituali religiosi erano anima e momento di aggregazione per la comunità intera. Anno dopo anno, il Festino di Santa Rosalia risveglia un centro storico che negli ultimi anni sta svecchiando le proprie vesti e riscoprendo i suoi tesori, e di volta in volta, tra nuovi allestimenti e nuove soluzioni sceniche e coreografie, Palermo omaggia la Santuzza e vive la pacchia di uno spettacolo tout court, tra arte e religiosità. In attesa delle novità di questa edizione, c’è chi pesca nel “già usato” per proporre qualcosa di nuovo, re-interpretando il festino e tutto ciò che esso rappresenta e rievoca.

La Galleria Bianca e lo Spazio Blu Cobalto dei Cantieri Culturali della Zisa di Palermo, in via Paolo Gili 3, diventano così teatro per un evento che anticipa e accompagna il Festino stesso, con la mostra “Reivenzione del Festino Santa Rosalia”, visitabile gratuitamente per l’intero mese di luglio. Promossa dal Comune di Palermo, organizzata dal Laboratorio di Decorazione-Biennio specialistico dell’Accademia delle Belle Arti di Palermo e curata dai docenti Carlo Lauricella e Arianna Oddo, l’esposizione accoglie una ventina di opere realizzate con materiali e manufatti dei precedenti festini, organizzati in istallazioni, recuperati come basi pittoriche o rimaneggiati in nuove opere d’arte.

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Il risultato è un percorso espositivo eterogeneo, che si muove fra diversi linguaggi e tecniche, dal video alla pittura, dall’istallazione alla fotografia. La figura della Santuzza e la drammatica realtà storica di Palermo appestata convivono con riflessioni di carattere più generico, come la mercificazione delle immagini sacre o la perdita dell’identità umana in un’epidemia devastante. Si passa così dalle cinquanta rose dell’istallazione “Rosae, rosarum, rosis…” di Vanessa Bellanca alle centinaia di statuette di Santa Rosalia, raccolte in teche recuperate, nell’opera “Sales” di Vittoria Frittitta, o dalle numerose opere dedicate alla pestilenza del tempo, tra cui “Il mare in-pestato” di Elisa Oliveri, “Gli unti” e “Salus” di Roberta Civiletto, “Giù la maschera” di Demelza Di Gesù, le foto e il video di Daniela Battaglia e i lavori di Chiara Capone e Danila Spallina, alla tecnica mista su parete “Identità” di Filippo Guaiana e all’istallazione “Passaggio” di Rossella Capuano, che comunicano la distruzione dell’individualità nelle tragedie di massa.

Alcuni lavori, come “Senza titolo” di Vincenzo Todaro ed “Ego sum” di Doriana Damiano, pur nel particolare messaggio suggerito, riportano elementi tipici dell’iconografia della Santuzza, mentre la rosa si identifica con la città di Palermo nella planimetria del centro storico ricostruito in fiore attraverso piccole luci rosse, nell’opera tridimensionale di Miriam Rieger. Altrove il rapporto o il passaggio fra terra e cielo ha vesti più simboliche, come in “Ascensum et discensum” di Rossella D’Amico o “Il meno e il più” di Maria Pia Spataro. Grazie ad un allestimento ben organizzato, la fruizione simula la partecipazione ad un evento in corso, che prende avvio dal percorso esterno fino agli spazi espositivi con una serie di fiaccole accese poste fra le parole dell'iscrizione "Ego Rosalia Sinibaldi Quisquinae Amore Domini mei Jesu Christi" riprodotta da Laura Vita Lentini ed Adelaide Esposito.

In particolare nella Galleria Bianca lo spazio è sfruttato su più livelli: guardando in su, infatti, si è sovrastati ora da un’altra opera di Todaro, una pioggia di riproduzioni di coltelli in sospensione che comunicano un senso di pericolo incombente, ora dai corpi fluttuanti dell’istallazione “Belli senz’anima” di Alessandro Ciulla e Massimiliano Donatiello, ricavati da gommapiuma e costumi dei trascorsi festini. La grande struttura lignea dipinta “In cammino”, realizzata da Roberto Calò, Paola Cancemi, Emanuele Giuffrida, Nadia Esposito, Maria Pipi e Claudia La Neve, rappresenta infine una processione in atto, culminando nell’opera plastico-pittorica circolare “Il tempio”, opera Di Francesca Vella e Pinuccia Gagliano, in cui il carattere sacrale suggerito dalla forma dell’ambiente è rafforzato dai dorati decori interni e da bianchi ceri votivi.

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