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Reggae d'amore e contro contro le ingiustizie del mondo

  • 25 settembre 2006

Autore: Gentestranaposse
Titolo: La storia si ripete
Anno: 2006
Etichetta: Autoproduzione


Dicono che amore e odio muovano il mondo. Perché la musica dovrebbe fare eccezione? Amore e odio muovono molta arte di protesta, per esempio. Come in questo disco, “La storia si ripete”, a opera di due ragazzi palermitani, Peppesud e Christian, con l’aiuto ai cori di SistaCarlotta, ovvero i Gentestranaposse, da qualche anno realtà attiva e (auto)produttiva pure in termini discografici del capoluogo. Forma e sostanza allora si dicotomizzano, odio e amore.

L’odio è quello che traspare dai testi verso tutto ciò che non funziona in Italia e nel mondo. Precariato, povertà, mafia, politica corrotta, guerre, globalizzazione, disparità, fascismi e razzismi. L’amore è quello per il reggae e per la musica giamaicana in generale, un amore in realtà sconfinato in questa città dai gusti difficili ma che nel suo fermento underground (afflato terzomondista? semplice affinità climatica, ambientale o culturale?) mostra predilezione per i generi che danno voce ai periferici, agli emarginati: dal punk, a tutta la musica in levare, all’hip hop.

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Un progetto politico, e nessuno fa niente per nasconderlo. Anzi. I messaggi non potrebbero essere più espliciti, agitati a gran voce per gridare rabbia e bisogno di cambiamento. Realizzato nell’ambiente del centro sociale S.P.A.R.O. della Magione (il prezzo è altrettanto politico e l’avvertenza è di non pagare il disco più di 8 euro, “duplicazione e distribuzione altamente consigliati), “La storia si ripete” è un concentrato, in dodici tracce (dieci più due bonus track) di quanto bene il duo abbia assimilato la lezione dei classici, e generazioni successive, fino a oggi. I dischi reggae devono averli imparati a memoria davvero.

La stessa declamazione dei testi, il modo di cantare (le lingue, il palermitano e l’italiano) lo mostra, ma sono i testi a mostrare gli autentici numi tutelari stilistici del duo, forse anche per attitudine: 99 Posse e Sud Sound System, band provenienti da posti geograficamente molto più vicini della Giamaica, ma che con le sonorità di quell’isola ci bazzicano alquanto.

Idealmente si può dividere il lavoro in due parti, la prima più reggae, appena spruzzata di dub, con fortissime influenze oltre che degli standard classici, anche delle sue contaminazioni raggamuffin e dancehall. Più di un pezzo, complice in questo l’apporto di backing vocals di una voce femminile (non è che le donne fossero molto presenti nei vecchi dischi giamaicani), è un manifesto del debito dei Gentestranaposse per gruppi come i 99 Posse. La seconda parte, pochi pezzi in realtà, lascia invece spazio a minime divagazioni nell’elettronica (“La storia si ripete”), o nell’“hip-pop” dal ritornello insidioso di “Divise blu”, che ospita alla voce B-Sucker.

“Sognando Palestina”, invettiva contro la politica americana e israeliana nei confronti dei palestinesi, rimanda direttamente ai Sud Sound System, anche per l’inserto di elementi propri della tradizione popolare nostrana. I temi di politica estera sono sparsi un po’ in tutto il disco, ma i testi si incentrano soprattutto sulla condizione di disagio, di povertà e di precarietà che avvolge Palermo e la sua gente. “Sugnu palermitano” è il manifesto d’orgoglio di appartenere a questa città, ma anche il grido di chi dai cancri di questa città viene assalito e sovrastato. “Gente ra gente” viaggia sullo stesso binario, che condurrà alla fine a un disco piacevole soprattutto per chi apprezza il genere e che magari inviterà a riflettere.

Manca forse la zampata, quel pezzo che ti fa sobbalzare sulla sedia, ma ai Gentestranaposse va dato il merito di provarci, e di farlo senza per forza lasciare questa terra per emigrare verso lidi con maggiori occasioni. Non è poco. E anche chi non ne potrà cogliere la palermitanità, o perché non abita qui o perché non ne comprende il dialetto, avrà comunque modo di confrontarsi con un quel linguaggio universale del Sud del Mondo, di chi sente il bisogno di far sentire la propria voce contro le cose che non vanno.

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