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La magia messicana secondo Juan Esperanza

  • 20 novembre 2005

E’ carica di ironia, di bellezza e positività la produzione artistica di Juan Esperanza (Città del Messico, 1959) esposta nella personale “…di terre magiche” inauguratasi il 17 novembre alla Galleria Garage di Palermo (piazza Resuttano 2 e visitabile fino al 10 dicembre). La mostra, curata da Giulia Ingarao, ripercorre le varie tappe dell’opera dell’artista che partendo dalla pittura, nei primi anni 90, si snoda attraverso il patchwork e la scultura. Il corpo costituisce il fulcro, l’ossessione della ricerca di Esperanza che di volta in volta focalizza un singolo particolare: la testa, le mani, i capelli. Questa attenzione si rifà, non consapevolmente, come sostiene la curatrice, all’arte azteca. Ciò che a prima vista colpisce è la volontà di scardinare i limiti stessi della tela che sembra star stretta ai personaggi che l’artista rappresenta e che, utilizzando la tecnica della tela estroflessa, asseconda senza limiti. Questa tecnica, già ampiamente utilizzata da altri artisti, consiste nell’inserimento di oggetti di qualunque tipo e dimensione dietro la tela che quindi assume forme e sinuosità affascinanti per la creatività e capacità di immaginazione dell’artista. Su questa casualità si basa la nascita dei quadri di Esperanza.

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Inoltre pittura e scultura, coesistono in opere come “Eloi,1992” a cui possiamo paragonare in qualche modo i combine paintings new dada di R. Rauschemberg, per l’uso di materiali variegati che valicano i limiti del quadro. La donna, il suo corpo e la sua sessualità dirompente, appartenente a volte ad un immaginario negativo, vedi “Tres brujas (tre streghe), 1993”, interessano spesso la produzione di Esperanza. In “El volcan, 1990” una figura femminile che indossa un vestito rosso colpisce per la sua corpulenza, per i suoi seni rotondi che ci ricordano in parte le “Nana” di Niki de Saint Phalle mentre, come scrive Giulia Ingarao, ad essa si oppone “un maschile leggero, sognante, che, sospeso in aria, stranito ed incosciente si lascia condurre dall’impeto del vento” in “Uomo sospeso, 1992”. Risulta presente inoltre nel lavoro di questo artista un forte connubio tra la tradizione messicana e quella siciliana, considerando poi che egli attualmente risiede in Sicilia, in particolare nella vivacità dei colori e nell’ironia dei suoi personaggi. La magia e la particolarità di questi lavori mi induce a dare un suggerimento: è una mostra da non perdere.

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