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Fiesta, Brioss o Trancino, in Sicilia sono tutti "mottini": perché (da noi) li chiamiamo così

Per una volta i greci, gli arabi e i romani non c'entrano con l'origine del nome della classica merendina in Sicilia, che ci riporta ai tempi dell'infanzia di non molti anni fa

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 13 giugno 2023

Forse, ma non voglio parlare assai, l’estate, quella vera, sta cominciando ad affacciarsi con il suo caldo, le belle giornate di sole e la luce fino a tardi.

Tutto questo mi fa venire in mente la beata gioventù di quando, finita la scuola, si usciva a giocare in strada alle 9 del mattino e ci si arricampava, con la mamma che sbraitava di tornare a casa, alle 10 di sera.

Era tutto un susseguirsi di carruzzuna, pattine e interminabili partite di calcio anche 20 contro 20 in campi di terra battuta dove se cadevi ti portavi via la pelle, di forma irregolare, (trapezoidale o giù di li) e con i pali delle porte variabili dai sacchetti pieni di carta, passando dai balatuna a finire, per i sperti, ai manici di scopa conficcati dentro le latte di ducotone piene di terra.

Ammetto che io ero particolarmente fortunato dato che potevo godere della “villeggiatura” nello splendido mare di Messina, nella casa dei mie nonni, per cui a tutto questo aggiungevo mare, tuffi nuotate a tinchitè ed un’ abbronzatura accussi nivura che i turchi si scantavano.
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Il divertimento era tanto che alla fine ci si scordava pure di mangiare, almeno fino a quando, a tipo alle cinque del pomeriggio, u pitittu ni faciva acitu e personalmente m’avissi manciato pure le pietre, sia del territorio messinese che palermitano.

Mia madre e/o mia nonna, non erano molto favorevoli alle merende industriali, anche perché erano legate agli usi dei loro tempi, per cui non appena andavo a tuppuliare alla porta della cucina si andava di pane duro fritto e poi arriminato nello zucchero e cannella, pane, olio, sale e formaggio grattugiato oppure, se madre e nonna ci avevano pensato preventivamente il biancomangiare.

Non mancava manco mio nonno che, a tardo pomeriggio, dopo che mi ero prosciugato l’ acqua della fontanella, si sedeva con me all’ ombra e, uscito fuori il suo coltellino tascabile, mi passava grandi fette di limone abbagnate nel sale. Merende di altri tempi con usanze di altri tempi.

Tuttavia in Sicilia, soprattutto nel palermitano, c’è una parola che identifica in modo esclusivo qualcosa con cui fare merenda… "picciò…. che v’ha dire, avia pitittu e mi futtivo un bello mottino!".

Amettetelo, un fate i finuliddi tiskitoski, quanti ve ne fottuvistivu ri mottini? Col termine mottino, in Sicilia, (ma anche presso i cugini campani), ci si riferisce, ormai da tempo, a qualsiasi tipo di briosche confezionata.

Ti manciasti na Fiesta? Oppure un Brioss? O ancora un Trancino? Mai Maria…, ti manciasti un mottino! Appurato che il mottino è troppo bello, perché usamo sto termine? Almeno quando mi sbacanto un pacco i mottini lo faccio con cognizione di causa.

Per una volta, arabi, greci, romani e tutti sti genti ri ca non c’entrano niente, poiché mottino è un marchionimo, termine con il quale si intende il nome, con cui è noto in commercio, un prodotto. (Te ca fuma!!! Questa ve la potete spendere con amici e parenti per fare i toki).

Alla fine della guerra voluta da quei malaminnitta dei fascisti, la popolazione italiana, tutta, aveva voglia di rivalsa e benessere. Molte erano le aziende, soprattutto alimentari, che nacquero o si rimisero in attività in quel periodo, una tra tutte la Motta, già famosa per panettoni e pandori.

Così negli anni 50, il sig. Angelo Motta ebbe l’ idea, e mise sul mercato un mini panettone da mangiare intero in 2-3 morsi e dal costo contenuto, che prese il nome di, udite udite, mottino! Paradossalmente, il prodotto ebbe un successo clamoroso soprattutto al Sud!

Soprattutto, si ipotizza, grazie al fatto che i comandi militari americani sul territorio, specialmente quelli di stanza a Palermo, ne fecero un grosso ordine, in modo tale da far gustare tale "tipico dolce italiano" a tutti i militari impegnati sul territorio senza distinzione di ordine e grado.

Alla fine, per tutti i siciliani, in particolar modo i palermitani, ogni preparato lievitato e morbido assunse il nome di mottino, al punto che molte massaie diedero questo nome ai pezzi di torta margherita che preparavano per la famiglia. Insomma, il termine Mottino era ormai entrato totalmente negli usi e costumi del popolo di Sicilia.

Ma il signor Motta aveva capito che poteva sgubbarici ancora di più! Fu così che nel 1953, il Mottino divenne il conosciutissimo Buondì Motta, che con il suo impasto morbido, la glassatura e la granella di zucchero ricordava la colomba pasquale, altro famosissimo dolce tradizionale italiano.

Ma ormai, per noi, tutto era mottino, anche il, ancora oggi notissimo, Buondì. Ora però m agghire a manciari un bello mottino!
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