"La peste a Palermo": incontro con Alfredo Salerno
Ci sono la torre grande della Cuba dove venivano ricoverati gli ammalati, il borgo di Santa Lucia per “i sospetti”, i saloni per le donne e gli uomini febbricitanti e, poi, le chiese della Consolazione, di San Sebastiano e di San Francesco di Paola. Ecco alcuni dei luoghi che, a Palermo, Gianfilippo Ingrassia, medico originario di Regalbuto, utilizzò come lazzaretti per curare la peste che colpì Palermo nel 1575.
Nel pieno dell’Inquisizione, in un momento in cui la religione, pretesto per l’oppressione delle coscienze, diventava “sonno della ragione”, Ingrassia, allontanandosi dalle congetture sulle cause astrali del morbo, innova i criteri epidemiologici del tempo, avvicinandosi alle moderne teorie sulla trasmissione delle malattie, causata dalla diffusione di “atomi” o “principi seminaria” e intuendo che la peste era una malattia di tipo contagioso. Alfredo Salerno, già preside della facoltà di Medicina di Palermo, traccerà un affresco dell’opera di Ingrassia “Informatione del Pestifero, et contagioso morbo”, scritta nel 1576.
La peste arrivò in Sicilia (forse a Siracusa) con una nave proveniente dall’Egitto che, dopo avere attraccato in altri porti siciliani, avrebbe raggiunto Palermo, città in cui il capitano dell’imbarcazione lasciò a una prostituta maltese diverse “robe di lana”, fonte del contagio. All’Archivio storico comunale, che tante testimonianze custodisce di quel tempo, il professore mostrerà mappe storiche dei lazzaretti che Ingrassia fece costruire in città e affronterà il tema della peste come una malattia oggi non completamente scomparsa: risale al 2009 la scoperta di un focolaio che ha colpito cinque persone di una tribù seminomade, mentre un altro episodio è stato riscontrato in Algeria nel 2008. L'iniziativa rientra nel programma del Festival "Le vie dei tesori".
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