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Gasp-Zampa story: "Ma non dovevamo vederci più…"

Il diciannovesimo allenatore dell’Era Zamparini, irride la matematica e succede al ventesimo. Scherzo del destino o nuova fiamma dell’Enrico VIII rosanero?

  • 26 febbraio 2013

Ci sono momenti nello sport, come nella vita, in cui affiora la necessità di un cambiamento. Se questa naturale tendenza del presidente del Palermo, Maurizio Zamparini, venisse scientificamente quantificata e divisa per un numero intero di individui, probabilmente si riuscirebbe a coprire l’intera popolazione del Laos. In poco meno di 11 anni di presidenza, infatti, sono diciannove (venti se si scinde fisicamente il duo Pergolizzi-Gobbo del 2007) i tecnici che hanno deciso di scaldare a puntino le proprie terga sull’incandescente panchina del Renzo Barbera.

L’ennesimo capitolo di una stagione da ricordare anche e soprattutto per i bassi piuttosto che gli alti, infatti, vede come protagonista Gian Piero Gasperini, tecnico tornato all’ovile dopo essere stato cacciato dal numero uno di Viale del Fante. Il suo predecessore, inizialmente successore, quindi nuovamente ritrasformato, Alberto Malesani, torna a casa con un pugno di mosche e con la netta quanto frastornata sensazione di essere stato investito da un camion merci del quale si è riusciti ad annotare solo la prima lettera della targa. Come una piastra per grigliare faraoniche colazioni americane, la prima poltrona della panchina lato-Nord del Renzo Barbera, apparentemente comoda e morbida, finisce sistematicamente per trasformarsi in una catapulta.

Eppure, specialmente nel corso delle ultime due stagioni, si avverte la netta sensazione che anche Josè Mourinho o Sir Alex Ferguson in persona avrebbero avuto serie difficoltà nel condurre in porto campionati tranquilli. Oltre al già citato bisogno di cambiamento dai tratti orientali, deve essere affrontato e considerato il problema tecnico. Potrebbe il più grande chef del mondo comporre un primo piatto a 5 stelle, disponendo in realtà di ingredienti qualitativamente scadenti? La risposta appare scontata. 
Ecco, allora, che il caotico quadro astrattista prende sempre più forma.


Il popolo rosanero ha fame di successi ma, di questi tempi, anche di sentenze. Una necessità di "giustizia sportiva" direttamente proporzionale rispetto alla mole di imprecazioni lanciate nel weekend contro teleschermo, guardalinee, difensore, giardiniere e bandierina. Chi ha causato il primo gol? Chi ha sbagliato il pallone del pareggio? Qual è il nome del difensore che ha spinto l’arbitro a fischiare il rigore? Chi ha avallato la scelta di acquistare quel centrocampista dotato tecnicamente quanto lo è di fantasia un sistema binario? Il tifoso ha fame di ‘perché’.

Questa vorace ricerca è naturale per chi è passato dal sognare la Champions League al calcolare quanti punti sono necessari per restare in A. Il gesto da parte di Zamparini di richiamare Gasperini è quello di chi ama la propria squadra, ma essendo consapevole di aver confuso tutti, compreso se stesso, adesso tenta in tutti i modi di porre rimedio. 
Ora questo bel paio di remi bucati vengono affidati all’ex allenatore del Genoa, adesso traghettatore nonché nuovamente successore. Un tecnico che non è riuscito ad essere incisivo per gran parte di questa stagione e che tutto d’un tratto dovrà trovare la Svolta. Quella con la S maiuscola, come quella dell’urlo della Nord al rinvio del portiere avversario.


Utilizzando nuovamente l’immagine del grande cuoco con le mani fra i capelli per gli ingredienti lanciati sul tavolo da lavoro, Gasperini tenterà di tirar fuori il miglior raviolo, cannellone, costoletta, quiche della sua vita. Il tutto con la speranza di non dover, da un giorno all’altro, svegliarsi davanti alla porta della cucina munito di coperta e con le stalattiti sul naso, con l’immane desiderio di alzarsi, voltare le spalle e urlare al mondo: “Mai più!”.

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