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Tu che esperienza hai per fare volantinaggio?

"Signorina, Berlusconi aveva ragione. Ci aveva promesso mari e monti. A mare ci siamo tutti, e a Monti ce l’ha dato veramente"

  • 2 ottobre 2012

Qualche tempo fa sono andata al centro di collocamento di Palermo e la lista, alle sette di mattina, contava già centosettantanove persone. Io ero la centottantesima. Ho scritto il mio nome su un foglio di carta e sono andata al bar a prendere il caffè. Quando sono uscita dal bar mi sono ritrovata davanti ad un gruppo di persone che, sguaiate e prepotenti, si agitavano e gesticolavano urlando. In mezzo a questo vasto gruppo, c’era un vecchietto che urlava: "Io puru mannu curriculum ma nuddum’arrispunni!"("Anch’io mando da tempo curricula ma nessuno mi risponde"). Povero, ho pensato. Un attimo dopo, però, tutti ridevano perché un ragazzo, prontamente, rispondeva al vecchio: "ma cu rispettu parrannu, ma cul’avissi a pigghiari a lei a ottant’anni?" ("Con rispetto parlando, chi dovrebbe assumerla a ottantʼanni"?).

A Palermo, camminando per i vicoli insozzati del centro storico, si apprendono storie assurde. Una signora l’altro giorno parlava da balcone a balcone con una sua amica e, incurante del fatto che tutti potessero sapere i fatti suoi, urlava: "Ci dissi a me figghiu di fari un pocu i volantinaggio. Ci dissi: t’aiutu io, ni mittemu nsemmula e n’aiutamu. Ma chiddi ddumannaru si aveva esperienza. Ma mu voli spiegari quali esperienza c’avissi a vuliri pi fari volantinaggiu?" ("Ho detto a mio figlio di darsi da fare distribuendo volantini. Gli ho detto che lʼavrei aiutato io, che avremmo lavorato insieme. Ma i datori di lavoro ci hanno chiesto se avevamo esperienza nel settore. Ma mi vuole spiegare che esperienza bisogna avere per fare volantinaggio?").

Niente da obiettare. Che esperienza bisogna avere per fare volantinaggio? Ma la verità più oggettiva mi è stata rivelata da un vecchietto che aspettava il suo turno davanti al centro di assistenza fiscale di un quartiere popolare di Palermo. Mi ha detto: "Signorina, Berlusconi aveva ragione. Ci aveva promesso mari e monti. A mare ci siamo tutti, e a Monti ce l’ha dato veramente".

Nessuno ha più soldi, nessuno può più pagare. Una mattina di quei tre mesi di lavoro al Caf, alle nove di mattina, compilavo un 730 per un signore simpatico del quartiere. Gli dissi: "Senta, sa che il modello 730 si paga, vero?". Mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: "Signorina, ma iu un ha paatu mai. Io al massimo ci pozzu offriri ‘na pizza. Comu a voli margherita, quattro formaggi? Mi dica lei" (Signorina, ma io non ho mai pagato. Al massimo le posso offrire una pizza. Come la vuole? Margherita, quattro formaggi. Mi dica lei). Non aveva i soldi per pagare ma, dopo circa venti minuti, è ritornato con una pizza formato familiare e l’ha poggiata sul tavolo sorridendo. Io, incredula, l’ho ringraziato di cuore.

Ho pensato di essere veramente una privilegiata perché potevo vedere il mondo da quel buco dove passavano tanti personaggi davvero particolari. Quando arriva un cliente per la compilazione del modello 730, devi necessariamente fare delle domande. Devi chiedere se è sposato, se ha figli, hai bisogno del Cud per sapere a quanto ammonta il suo reddito annuo, devi sapere se ha case di proprietà, terreni e così via. Nel momento stesso in cui fai la prima domanda, loro automaticamente si sentono autorizzati a raccontarti la loro vita.

Così un giorno un vecchietto col bastone e gli occhiali, un po’ malconcio, mi ha raccontato la sua storia. Aveva un figlio di trentacinque che non lavorava. Ho detto: "Certo non è un periodo facile questo". E lui mi ha risposto: "Lo so signorina, ma io un lavoro, tramite l’amico mio, glielo avevo pure trovato. Un lavoro buono, dalle nove alle cinque di pomeriggio, il mio compare avrebbe avuto un occhio di riguardo per lui, non avrebbe avuto problemi. Ma lui non ha voluto accettare. Diceva che doveva prima finire l’Università. Sa, gli manca l’ultima materia. E dice che prima di iniziare a lavorare deve finire le materie. Per ora gli passo i soldi io, gli dò trecento euro al mese. Li tolgo dalla pensione e li do a lui. Ma che devo fare signorina..."

Quanto ci aveva rovinati questa Università? Tutti dobbiamo andare all’Università, ma per fare la segretaria in due case editrici o per lavorare in un Caf non serve mica l’Università! Quella ti serve per conoscere gente, al massimo. Tranne in alcuni casi, qui in Italia, i professori sono sottopagati e quindi necessariamente disinteressati nei confronti degli alunni, e gli ordinari sono dei baroni ai limiti della delinquenza (sono parole di un mio professore), abilitati a sparare sulla croce rossa, a non presentarsi agli esami, arrivare in aula quando cavolo gli pare, offendere gli studenti se non ricordano qualcosa eccetera eccetera. Tutti all’Università pubblica ma poco dopo fuori senza lavoro. Fuori. In mezzo alla strada, nel vero senso della parola.

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