"Voce del verbo avere": viaggio tra memoria storica e contemporaneità al Branciforte

"A Dora D.", stampa fotografica fine art ai pigmenti
Detto anche Monte dei Pegni, il deposito del Monte di Pietà si snoda in un intricato labirinto di stanze con strutture lignee a tutta altezza, composte da scaffalature dove venivano alloggiati i beni impegnati. Per circa due secoli persone in stato d’indigenza vi hanno depositato doti, corredi e oggetti personali in cambio di poche monete, per poi cercare di tornare a riscattarli.
Le opere progettate dall’artista per lo spazio palermitano prendono avvio dal concetto di economia, a partire dalla scomposizione etimologica del termine in oikos (casa, intesa come famiglia, ma anche beni e comunità) e nomos (regola). I due termini rappresentano l’elemento concettuale comune in ogni opera in mostra, insieme alle tematiche del denaro, del cibo e della fame.
Un altro termine sottotraccia a tutta la ricerca è transizione, il passaggio da un modo di essere a un altro. In mostra anche tre opere inedite: "Voce del verbo avere" (2018), "Pane di bocca" (2018) e "L'arte della fame" (2018).
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