"Voce del verbo avere": viaggio tra memoria storica e contemporaneità al Branciforte
"A Dora D.", stampa fotografica fine art ai pigmenti
"Voce del verbo avere", a cura di Valentina Bruschi e Beatrice Merz, è la mostra personale di Marzia Migliora (Alessandria, 1972), progetto che prende avvio dalle forti suggestioni restituitele dall’ex Monte dei Pegni, creando un collegamento con il presente a partire dalla memoria storica del luogo, per far scaturire una riflessione politica e sociale sulla condizione attuale dell’uomo.
Detto anche Monte dei Pegni, il deposito del Monte di Pietà si snoda in un intricato labirinto di stanze con strutture lignee a tutta altezza, composte da scaffalature dove venivano alloggiati i beni impegnati. Per circa due secoli persone in stato d’indigenza vi hanno depositato doti, corredi e oggetti personali in cambio di poche monete, per poi cercare di tornare a riscattarli.
Le opere progettate dall’artista per lo spazio palermitano prendono avvio dal concetto di economia, a partire dalla scomposizione etimologica del termine in oikos (casa, intesa come famiglia, ma anche beni e comunità) e nomos (regola). I due termini rappresentano l’elemento concettuale comune in ogni opera in mostra, insieme alle tematiche del denaro, del cibo e della fame.
Un altro termine sottotraccia a tutta la ricerca è transizione, il passaggio da un modo di essere a un altro. In mostra anche tre opere inedite: "Voce del verbo avere" (2018), "Pane di bocca" (2018) e "L'arte della fame" (2018).
Detto anche Monte dei Pegni, il deposito del Monte di Pietà si snoda in un intricato labirinto di stanze con strutture lignee a tutta altezza, composte da scaffalature dove venivano alloggiati i beni impegnati. Per circa due secoli persone in stato d’indigenza vi hanno depositato doti, corredi e oggetti personali in cambio di poche monete, per poi cercare di tornare a riscattarli.
Le opere progettate dall’artista per lo spazio palermitano prendono avvio dal concetto di economia, a partire dalla scomposizione etimologica del termine in oikos (casa, intesa come famiglia, ma anche beni e comunità) e nomos (regola). I due termini rappresentano l’elemento concettuale comune in ogni opera in mostra, insieme alle tematiche del denaro, del cibo e della fame.
Un altro termine sottotraccia a tutta la ricerca è transizione, il passaggio da un modo di essere a un altro. In mostra anche tre opere inedite: "Voce del verbo avere" (2018), "Pane di bocca" (2018) e "L'arte della fame" (2018).
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