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A due passi da Bagheria c'è un "giardino incantato" che non ti aspetti: Monte Catalfano

Un’oasi quasi incontaminata, estesa su una superficie di circa 300 ettari, che vanta tante di quelle unicità da rendere il paesaggio meta di escursionisti e di numerosi studiosi

Sara Abello
Giornalista
  • 19 febbraio 2022

Vista da Monte Catalfano (foto di Luca Chiommino)

Tra Bagheria e Santa Flavia sorge un’oasi quasi incontaminata, estesa su una superficie di circa 300 ettari, che rappresenta di sicuro uno dei pochi polmoni verdi del nostro territorio: Monte Catalfano.

Nonostante non arrivi neanche a 400 metri di altezza sul livello del mare, per le sue caratteristiche morfologiche, è a tutti gli effetti una montagna, con annessi e connessi, caratterizzata da versanti ripidi e rocciosi oltre che da numerose grotte.

Dalla cima del monte si scorge una vista a perdifiato, non tanto per la fatica dell’acchianata, quanto per il panorama che in un sol colpo vi offre il Tirreno, Capo Zafferano, Mongerbino, il golfo di Palermo, la cittadella di Solunto, Bagheria sino al borgo marinaro di Porticello e poi via via tutti i paesi che si affacciano sul mare lungo il golfo di Termini Imerese.

Confusi nel benessere! Un posto “instagrammabile” insomma, per parlare con un linguaggio troppo contemporaneo anche per me. L’etimologia del nome, di matrice araba, è incerta.
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Di discretamente sicuro vi è l’antica origine. Le rocce calcaree di Monte Catalfano oltre ad una millenaria storia naturale, ci raccontano infatti la storia di una plurisecolare civiltà umana. Alle pendici del monte si sviluppò in età punica l’insediamento di Solunto, visibile quindi dall’alto, e le attuali tracce ellenistico-romane presenti su Monte Catalfano sono i resti della città, così come doveva essere a partire dalla metà del IV secolo a. C., definita da acuni studiosi una “Pompei in piccolo”... nessuno ci marcia come noi!

Una volta che gli Arabi nell’ 831 d. C. occuparono Palermo, e che dopo saccheggiamenti e devastazioni fecero strage dei soluntini, il territorio venne progressivamente abbandonato fino a divenire una folta foresta.

Oggi la ragione per cui Monte Catalfano costituisce un vanto per noi baarioti, che una motivazione per vantarci la troviamo sempre, risiede nel fatto che vi siano tante e tali di quelle unicità da rendere il paesaggio meta di escursionisti e di numerosi studiosi. In primis la presenza di una flora costituita da piante endemiche, esclusive cioè di questo territorio, come ad esempio delle particolari orchidee selvagge che fioriscono in primavera, e poi numerose specie rupestri che non abbiamo mai visto neanche tra gli ingredienti delle pozioni di Harry Potter... vi dice niente l’erba perla?

Ebbene sì, su Monte Catalfano si trovano cespuglietti di questa pianta erbacea perenne, che produce dei fiorellini violacei pendenti. Il disboscamento, gli incendi ed il pascolo intensivo hanno trasformato il tipico paesaggio mediterraneo e la sua vegetazione originaria è sopravvissuta esclusivamente sulle rupi più inaccessibili. Dove l’uomo non è riuscito a far danni in pratica.

Il paesaggio però, cambia rapidamente da un punto all’altro, mostrandoci l’alternanza di zone rimboschite e altre con agrumi, uliveti, e la rara quercia spinosa, unica in tutta la Sicilia settentrionale, e poi via con palme nane, fiordalisi, garofani rupestri e la stellina di Sicilia con i suoi rami eretti che in primavera si riempiono di piccoli fiorellini roseo-violetti.

Il giardino incantato ad un passo da casa e non lo sapevamo...vero fiore all’occhiello del monte. Neanche l’avifauna babbìa, per noi comuni mortali non esperti di uccelli chiarisco che l’avifauna sia l’insieme delle specie di volatili che abitano un luogo.

Qui ovviamente gli ambienti rocciosi sono l’habitat ideale per molti rapaci che utilizzano quest’area per la caccia, la riproduzione e la nidificazione. Il re indiscusso del monte è il falco che, con il suo volo a 240 Km orari, è il terrore di piccioni e cardellini perchè li divora senza che se ne accorgano. Morte rapida e quasi indolore.

Monte Catalfano si estende per circa 1,5 Km con pareti scoscese a strapiombo, alte anche un centinaio di metri. Eviterei di sporgermi! L’area del parco può essere schematizzata in due zone: la zona pendici e le zone in quota, dove numerosi sentieri tracciati, attraversando la macchia mediterranea, costituiscono percorsi panoramici, conducono sino alle falesie, scarpate molto ripide a picco sul mare, e collegano grotte naturali.

Si contano circa 10 grotte di origine marina, scavate dalla lenta erosione delle onde del mare e dalla presenza di piccole perforazioni nelle pareti provocate da organismi come i datteri di mare. All’interno di alcune di queste grotte si conserva ancora la testimonianza del passaggio dell’uomo preistorico. La vera peculiarità dell’area sono le grotte tettoniche però, i cosiddetti “zubbi”.

Ve ne sono circa 7, tra queste la Grotta dell’Eremita, la Grotta di Cala dell’Osta e la principale, che è la grotta di Cozzo San Pietro. Gli zubbi hanno uno sviluppo verticale e possono raggiungere la profondità di decine di metri. Pare che si sarebbero formati agli inizi del Pleistocene, quindi un’epoca che va da circa 2 milioni fino a diecimila anni fa, quando Monte Catalfano era un isolotto immerso nel mare.

Queste grotte sono nate da fratture di natura tettonica che con il fenomeno del carsismo, un particolare processo di erosione superficiale e sotterranea, provocata dall’acqua in rocce di natura calcarea come queste, si sono andate via via modellando.

All’interno di queste grotte sono presenti rare specie di insetti e poi, dentro la grotta di Cozzo San Pietro che, come vi dicevo è la principale, si trovano niente meno che esempi di stalattiti, stalagmiti, vere e proprie colonne generate dall’incontro di stalattiti e stalagmiti, perle di grotta, quarzi...un ignoto mondo sotterraneo che scende giù per decine di metri e dove, ad una profondità di 15 m, è stato rinvenuto un deposito contenente resti umani.

Unicità che è bene vedere solo da fuori, a meno che si sia veri esperti! Esiste persino una leggenda secondo la quale all’interno di uno di questi zubbi sia nascosto un tesoro saraceno...chissà! Catalfano è una “montagna in movimento”, come la dipingono alcuni studiosi, e questo lo si nota dal lento e lieve spostamento delle stalattiti interne alla grotta di Cozzo San Pietro, formatesi milioni di anni fa, mica avant’ieri. Quello che vi ho descritto non è un paesaggio idilliaco.

Potrebbe essere migliore? Sicuramente! Ma non è colpa dell’Amministrazione di certo se le giostre per i bimbi sono state rubate o se dopo le feste vi si trovano cumuli di spazzatura abbandonata. Nulla toglie però al fatto che Monte Catalfano sia un luogo intriso di colori, immagini e profumi unici che possiamo a pieno diritto chiamare “casa”.

Qui il blu del mare, l’azzurro del cielo e il verde della vegetazione si fondono in un cammino dove immergersi sempre più in profondità nella natura, lasciandosi avvolgere da un senso di isolamento totale e libertà.
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