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Assassini, politici e vittime innocenti: le anime dei "decollati" si aggirano su Palermo

La credenza per le "anime dei decollati" fa parte della tradizione popolare siciliana e risale al 1700 quando le esecuzioni di giustizia erano frequentissime in città

  • 6 gennaio 2020

Il Santuario delle anime dei decollati a Palermo

Capita spesso che storia, fede e credenze religiose s’intreccino per dare vita a leggende che stanno a metà tra il sacro e il profano. Ed è il caso proprio della storica devozione del popolo palermitano per le anime dei decollati.

La credenza popolare per le cosiddette "anime dei corpi decollati" fa parte della tradizione popolare siciliana e si fa risalire ai secoli passati quando le esecuzioni di giustizia erano frequentissime in Sicilia, soprattutto a Palermo, l’antica capitale, dove la più gran parte di esse aveva luogo. Come scrisse Giuseppe Pitrè, nella raccolta intitolata "Usi e Costumi Credenze e Pregiudizi del Popolo Siciliano": «Da tutta l’isola, qui si giudicavano gli accusati d’ogni genere di delitti; qui si decollavano o si impiccavano (….)».

A Palermo quindi la devozione per le anime de’ decollati si sente più viva che altrove e proprio a Palermo sorgeva infatti la famosa "Chiesa delle Anime de’ Corpi decollati", il santuario dove si concentrava la venerazione del popolo per queste anime decollate. Ma chi erano i decollati?
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I decollati erano le anime dei corpi dei giustiziati al tempo in cui, intorno al 1785, sulla sponda sinistra del fiume Oreto, su un terreno di proprietà del marchese di Santa Marina, fu edificata una chiesa intitolata prima Santa Maria del Fiume, proprio perché bagnata dalle acque del fiume Oreto, e poi ribattezzata Chiesa delle "Anime de’ Corpi decollati", conosciuta anche come Maria Santissima del Carmelo ai Decollati.

La Chiesa è situata nella zona che fa capo al quartiere di Corso dei Mille, vicino al ponte dell’Ammiraglio, ricordato da tutti i siciliani per le gloriose imprese garibaldine in Sicilia e noto in seguito anche come "ponte delle teste mozzate", perché proprio lungo quel ponte, in una piccola piramide con finestrelle in muratura vennero esposte come monito per il popolo le teste dei decollati.

I corpi dei giustiziati vennero gettati alla rinfusa dentro una botola posta nella piazzetta davanti alla chiesa: assassini, rei politici, colpevoli e vittime innocenti. Nessuna anagrafe documentale di questi condannati a morte, ma solo delle ricevute di consegna dei cadaveri, che ne attestavano la sepoltura presso quel cimitero.

Di questi corpi e di queste anime però si perse ogni traccia quando nel 1881 un’esondazione del fiume Oreto causò la dispersione dei documenti conservati nella chiesa, cancellando così ogni prova d’identità a queste anime perdute. Così, da quel momento cominciò a crescere fra la popolazione la devozione verso le anime dei giustiziati, che le credeva ancora erranti in cerca di pace eterna e anche miracolose perché dispensatrici di grazie in cambio di una sentita preghiera a loro rivolta.

Lo stesso Pitrè, infatti, li definì «geni occulti del bene pronti a soccorrere chi li preghi di consiglio o di ajuto, chi cerchi ad essi un segno della sua sorte a venire. Dov’esse abitino, queste anime, non si sa bene; ma le si possono scontrare dappertutto, come quelle che girano pel mondo a custodia de’ loro devoti. Nelle città appariscono sulle vie; in campagna prediligono i fiumi; sul mare fanno sentire la loro voce in mezzo a’ ruggiti della tempesta, cui dominano a favore dei naviganti. Il popolo le chiama comunemente "armi di li corpi decullati"».
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