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È di pietra ma ti pare di vedere una faccia: questo luogo in Sicilia ne prende il nome

Vi raccontiamo un’intera giornata a contatto con la natura in una situazione climatica ideale tra un venticello leggero e il balsamico profumo delle piante

Santo Forlì
Insegnante ed escursionista
  • 30 maggio 2024

Sabato 4 maggio siamo partiti da Dinnamare la montagna più alta sopra Messina per recarci a pizzo Bottino Faccia di Pietra con un percorso della lunghezza di 18 chilometri agevole nella parte iniziale in cui dovevamo percorrere la regia trazzera o strada militare con bella vista sul mare e con una fitta copertura boschiva di pini marittimi col loro verde cupo e uniforme ma con sprazzi di colore giallo per la presenza di tante ginestre.

Finito questo sentiero, direbbe qualcuno le dolenti note cominciarono a farsi sentire, perché ne abbiamo iniziato un altro rupestre tutto in ascesa incerto e spezzettato in vari punti.

Ci trovavamo pietre pietre per dirla in parole povere. Però anche così il paesaggio aveva una sua aspra e selvaggia bellezza, c’erano muri in pietra bianca pietra calcarea che sembrava rischiarassero il paesaggio e calendule di colori sgargianti che lo vivacizzavano.

In una radura fra gli alberi abbiamo visto un addensamento di pungitopo alcuni in fioriti con le bacche rosse, non abbiamo potuto raccogliere gli asparagi per questioni di tempo.
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Ad un certo punto il nostro cammino da escursionistico si è trasformato in arrampicata sportiva perché ci siamo trovati davanti ad un pendio quasi del tutto in verticale con delle sporgenze rocciose di pietra arenaria con un colore fra il marrone e il verde scuro.

Ci siamo tirati su a forza di braccia ed abbiamo compiuto ardite azioni di scavalcamento. È stato piuttosto divertente, considerando che in ciascuno di noi riaffiora uno spirito bambinesco, mai del tutto sopito.

Qualcosa di simile al fanciullino di pascoliana memoria. È da tenere presente che ci possiamo permetterci tutto ciò, di osare l'inosabile perché siamo un gruppo coeso che trasmette entusiasmo, e che aiuta chi ha qualche difficoltà. Farlo da soli sarebbe sconsigliabile.

Soddisfatti per la "performance", ci siamo fermati per riprendere fiato e proprio alla fine della scalata abbiamo guardato con attenzione un costone roccioso alquanto frastagliato su cui c’era una sporgenza somigliante ad un volto umano: faccia di pietra appunto, ci siamo sbizzarriti ad attribuire a qualcuno queste sembianze che a dire il vero non erano aggraziate e sembravano una via di mezzo fra il grugno di un caprone e la faccia di un uomo.

Ma da questo luogo c’era pure un’eccellente visuale e si poteva godere di un bellissimo panorama, a incominciare dalla vasta campagna circostante da cui spirava un leggero venticello che sembrava volerci apportare un sollievo dalle recenti fatiche. In lontananza potevamo scorgere la sagoma maestosa dell’Etna bruna rischiarata in alcune fasce da una tenue copertura nivea.

Abbiamo proseguito il nostro cammino ritemprati per la sensazione di pace che si percepisce a contatto con la natura, inalando il profumo delle piante (il maggio odoroso direbbe il poeta) della nepitella in particolare dall’odore pungente e balsamico e riempiendoci gli occhi di uno sfavillio di colori. In particolare abbiamo apprezzato una vasta distesa di alberi dalle foglie di un verde tenero, verde giada per intenderci.

Quando siamo giunti vicini abbiamo visto che si trattava di querce che avevano perso le foglie nell'inverno, ma che adesso in primavera ne avevano fatte di novelle. Sono rimasto veramente sorpreso nel vedere che questi alberi che immaginavo forti e ruvidi potessero esprimere un fogliame così tenero e delicato.

Verso le 16.00 siamo alfine giunti alle nostre macchine, un po' stanchi ma felici per le belle sensazioni percepite ed anche per il piacere di avere trascorso un’intera giornata a contatto con la natura in una situazione climatica ideale in cui si poteva tranquillamente stare all’aria aperta senza preoccuparci per un vento freddo o per l’eccessiva insolazione.
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