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L'impegno per un futuro migliore: lo scatto simbolo che ci ricorda (ancora) come reagire

Il 27 marzo di quasi trent'anni fa a Palermo il fotografo Tony Gentile scattava la fotografia simbolo dell'antimafia: un'immagine che oggi dona forza d'animo a tutti noi

  • 27 marzo 2020

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (foto di Tony Gentile)

Due uomini di mezza età in completo, siedono alla stessa scrivania. Uno dei due si avvicina sornione all'orecchio dell'altro, sussurrandogli qualcosa che fa nascere una calda risata.

Non ci è dato sapere cosa si dissero in quel frangente Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sappiamo però che la fotografia di un allora giovanissimo Tony Gentile ha impresso nella pellicola e nella nostra memoria un'immagine di profonda umanità.

L'umanità colta in tutta la sua essenza, semplice e schietta come d'altronde immaginiamo che fossero due uomini che di lì a poco ci sarebbero stati portati via dal mostro che hanno combattuto per tutta la loro vita.

Sono trascorsi ventotto anni dal 27 marzo 1992 e lo scatto del fotografo palermitano mantiene una freschezza propria soltanto dei grandi. Di tutti quei figli di Cartier-Bresson che pongono «sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore».

Questa fotografia non è soltanto il simbolo dell'antimafia, come afferma Tony Gentile è «diventata un'icona universale entrando nella memoria collettiva, un'immagine che si rende viva ogni volta attraverso il ricordo degli altri, oggi anche per mezzo dei social».
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Dal mondo della fotografia a quello dell'iconografia, ha assunto una forza tanto dirompente da superare ogni limite del mezzo fotografico, per diventare una "creatura" a sé.

La nascita di un'immagine tanto potente non si spiega e, in fondo, non ha bisogno di spiegazioni. Chiamiamolo miracolo, coincidenza o fatalità. «Se io quella sera del 27 marzo di quasi trent'anni fa ho scelto questa foto tra le altre della sequenza a cui apparteneva, è perché ho capito di aver fatto la foto giusta. Pur non vedendo le foto che avevo scattato - allora non c'era il digitale - è nata in me la consapevolezza di aver raggiunto il mio obiettivo, raccontare quella storia e quel preciso momento. Di certo non immaginavo che sarebbe diventata l'icona di un intero popolo».

Il ritratto di Falcone e Borsellino gode della stessa familiarità delle foto di famiglia che esponiamo in bella mostra nel salotto di casa, portando con sé un carico di emozioni tanto diverse tra loro quanto potenti: nostalgia, gioia, rimpianto, coraggio. Soprattutto vita.

«Uno de valori fondamentali della fotografia è la memoria - afferma il fotografo - riaprire gli album della nonna è una delle cose più belle legate a questo mondo, ti fa riscoprire sensazioni, emozioni, ti fa immaginare mondi che non esistono più. È questa la forza di una fotografia, ciò che riesce a suscitare nelle persone, il suo peso emotivo».

Fare memoria non mette a nudo soltanto ricordi di quel che non c'è più, ma ci riporta con i piedi per terra al tempo presente. Come non pensare a cosa avrebbero fatto Falcone e Borsellino in un momento storico come quella che stiamo vivendo, «una situazione che ha quasi le conseguenze di una di guerra- prosegue Gentile - in cui è tangibile la disperazione di chi non lavora, di chi ha dovuto chiudere tutto e chiudersi in casa. Una situazione complicata e nuova per le generazioni come la mia che non l'hanno mai vissuta. Ci ritroviamo tutti spiazzati».

«La prima cosa che mi vien da pensare guardando oggi questa foto è che la mafia, in fondo, non l'abbiamo ancora sconfitta e questa situazione di emergenza da un punto di vista mediatico sta prendendo il sopravvento su ogni tipo di comunicazione, facendoci probabilmente "dimenticare" di alcune cose. Mi chiedo come stiano operando per distrugere anche gli ultimi baluardi di questa mafia, se questa possa essere una situazione di cui approfittare».
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