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“Scanna”, la violenza senza speranza

In un ritmo scandito dall’esasperazione sempre più violenta e dalla paura per il parente fuori, continua a perpetuarsi la legge della sopraffazione

  • 11 ottobre 2004

È la violenza senza speranza l’elemento che predomina nello spettacolo “Scanna”, testo e regia di Davide Enia, con Valentina Apollone, Luigi Di Gangi, Alessio Di Modica, Katia Gargano, Ugo Giacomazzi, Girogio Libassi, Paolo Mazzarelli, Carmen Panarello, Antonoo Puccia, prodotto da Teatro Metastasio Stabile della Toscana, La Biennale di Venezia, Teatro di Roma, Teatro Garibaldi e Unione dei Teatri d’Europa, in scena a Palermo al teatro Garibaldi, in via Castrofilippo 30, il 5 e 6 ottobre, una violenza che alla fine sfocerà in una tragedia annunciata e che trova nelle asperità del dialetto palermitano la sua lingua d’elezione. In un rifugio antiaereo durante una non precisata guerra, ma una lotta di resistenza potrebbe ricondurre all’ultimo conflitto mondiale, si trova rinchiusa una famiglia patriarcale i cui conflitti interni, a causa della costrizione della quale tutti patiscono, sono destinati ad esplodere.

Due donne che cuciono, silenziosa l’una col marito all’esterno per un attentato ai miliziani, moglie vestita di un nero pieno di segreti di dolore l’altra, il marito di quest’ultima, tre ragazzini, due maschi (di cui uno esasperato) e una femmina, due fratelli in astio perenne e un anziano nonno, questi i personaggi che si muovono in una scena spoglia e semplice, arricchita, come altre volte è accaduto, dalla magia del teatro Garibaldi, qui spazio scenico perfetto. In un ritmo scandito dall’esasperazione sempre più violenta e dalla paura per il parente fuori, fra la definizione di regole di vita e giochi per ingannare il tempo, continua a perpetuarsi la legge della sopraffazione (il più violento dei due fratelli ucciderà l’altro), e mentre si percepiscono segnali di efferatezze familiari sui ragazzini, l’anziano nonno paralitico, interpretato dal verace Giorgio Libassi, passeggiando in sogno dà una gustosa e delicata descrizione di tutti quei suoi familiari, regalandoci, pur se con qualche neo nella regia, uno dei momenti più belli dello spettacolo che alterna felici intuizioni a soluzioni ad effetto già note. Il testo ha vinto il premio Pier Vittorio Tondelli 2003.

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