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Potremmo esporla ma invece no: in Sicilia la nave di 3mila anni fa è dentro le scatole

È troppo grande quindi serve un museo dedicato solo a lei: la nave "greco-arcaica" che risale al VI secolo avanti Cristo è lunga 21 metri ed è stata restaurata in Inghilterra

  • 15 gennaio 2019

La nave greca ritrovata a Gela

Gela è conosciuta in tutta Italia per i disastri ambientali e per le vicende sindacali, tutto riconducibile al petrolchimico Eni. Eppure in molti sanno che è anche una fucina di reperti archeologici e di siti storici molto significativi.

Nuccio Mulè è un docente in pensione di scienze naturali, ma da oltre trent'anni - da instancabile appassionato e autodidatta - si occupa dei beni culturali della sua città.

Da poco ha spedito una lettera dolorosa alle istituzioni sullo stato dell'archeologia a Gela, che ha definito una Caporetto mediterranea.

Tra i tanti scempi segnalati dal "cultore di storia patria" (come gli piace definirsi) c'è una storia, in particolare, che merita attenzione. È quella della grande nave greco arcaica, scoperta nel mare di Gela nel 1988 e a distanza di 31 anni ancora non visitabile, nè dai turisti nè tantomeno dai propri concittadini.

Proprio così: la nave risale al VI secolo avanti Cristo ed è lunga 21 metri ed è alta 6 metri, troppo grande per il museo archeologico regionale della città. Così da anni giace negli scatoloni del museo, in attesa che la Regione sblocchi i finanziamenti per il tanto agognato museo del Mare.
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Una storia dolorosa, che vale la pena ripercorrere dall'inizio. Dopo il ritrovamento a fine anni Ottanta ci vogliono altri 16 anni prima che, nel novembre del 2004, alcuni dei legni della nave greca siano recuperati dal mare.

Nel corso di questo arco temporale intanto vengono realizzate ben 15 campagne di scavo subacqueo che portano alla luce una notevole quantità di reperti archeologici (anfore vinarie, ceramica attica, modesti strumenti della vita quotidiana come pentole da cucina e resti di stuoie e ceste di vimini, oggetti di culto come piccoli altari di terracotta, ecc.) che oggi sono esposti in parte nel museo archeologico regionale di Gela.

I resti della nave vengono invece spediti dalla Soprintendenza di Caltanissetta presso il laboratorio Mary Rose Archeological Service di Portsmouth, in Gran Bretagna.

Qui la nave riceve le migliori attenzioni: si calcola che per un restauro degno della professionalità britannica sono necessari cinque anni di lavoro. Nel Regno Unito, inoltre, le attività di recupero non impediscono la fruizione del bene archeologico.

Intanto la Regione promette che durante quei cinque anni di restauro a Gela verrà creato il museo della navigazione che potrà contenerla. Individuato il luogo, quel Bosco Littorio di fronte al quale il relitto si arenò millenni fa, e individuati pure i fondi, cinque miliardi delle vecchie lire. Ma i tempi burocratici siciliani si allungano, e del fantomatico museo non c'è traccia.

Mentre gli inglesi, invece, mantengono la parola, terminano il restauro e consegnano gli agognati resti della nave greca. Che farne, allora, in attesa che ci sia un luogo idoneo a contenerla? Inizialmente la Soprintendenza pensa di spedirne i pezzi, sigillati in appositi scatoloni, nell'enorme (e mezzo vuoto) museo di Caltanissetta. Ma i cittadini gelesi si indignano, sia sui social che dal vivo, e nel 2014 ottengono che la nave torni a casa. Certo, è ancora dentro gli scatoloni ma prima o poi il museo ... A febbraio 2016 finalmente viene annunciata in pompa magna la mostra sulla nave greca.

Peccato che dell'importantissimo reperto archeologico sono visibili solo alcuni pezzi lignei non ancora assemblati ma comunque restaurati.

E che restano mestamente dentro gli scatoloni. La maggior parte di essi, poi in realtà restano persino chiusi. La mostra - che in ogni caso ha bisogno di un adeguato impianto di ventilazione per non intaccare i delicatissimi legni - viene finanziata dall'Eni e dura appena qualche giorno.

Poi per tre anni cala di nuovo il silenzio su questa triste vicenda. Fino alla denuncia del professore Mulè, al quale ancora non sono arrivate risposte ufficiali dalle istituzioni.

Tanto che lo studioso nella sua lettera parla di «una ferita sanguinante dal momento che non si vede una soluzione per fare fruire tale reperto unico al mondo».

Musumeci ha annunciato nei giorni scorsi di voler realizzare nel 2019 a Gela un museo delle navi antiche. Una promessa al quale Mulè non sembra credere: «Quando poi si viene a sapere che il museo della nave, in attesa di nuovi finanziamenti, sarà costruito solo come contenitore senza suppellettili, vetrine e strutture di accoglienza del reperto, cadono le braccia. Quando altro tempo dovrà passare allora?».
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