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Scure sui fondi ai teatri in Sicilia, esclusi i piccoli: "Siamo solo numeri", la protesta

Il 7 luglio alle 17.00 c'è l'assemblea nazionale online alla quale partecipano tutti i lavoratori del mondo del teatro. E molti di quelli siciliani sono in prima fila

Stefania Brusca
Giornalista
  • 3 luglio 2025

Un momento del laboratorio del Piccolo Teatro Patafisico

Era nell'aria da tempo, un'aria pesante da respirare. Il ministero della Cultura «cala la scure» e i teatri siciliani tirano le somme. Se il Biondo arriva sul podio dei “Teatri delle città di rilevante interesse culturale” (partendo 13esimo) c’è chi non brinda affatto, anzi.

E anche se sono “piccole” stiamo parlando di realtà storiche per Palermo e la Sicilia che contribuiscono a rendere più ricco e variegato il tessuto culturale dell’Isola. Nomi come quelli dell’Agricantus, del Teatro Bastardo, del festival di danza Conformazioni.

Ma ci sono anche quelli del Piccolo Teatro Patafisico, il teatro Atlante, Sutta Scupa e Kleis/Aedi e Pangea, che hanno 15 giorni di tempo per presentare ricorso.

«Purtroppo le valutazioni sono spesso legate ai giovani, alle nuove leve - spiega Salvo Piparo di Aedi - escludendo di fatto chi per tradizione e studio porta avanti un lavoro certosino e complesso. Sembra che quando si superano i 35 anni non si valga più. Siamo diventati numeri. Bisogna quindi trovare dei criteri di merito con meno numeri e statistiche. Come diceva il Piccolo Principe "I grandi amano le cifre"».

Ottenere un punteggio adeguato ovviamente non è soltanto una questione di prestigio ma si traduce in fondi, che sono spesso indispensabili per quelle realtà cosiddette "minori". In cifre a livello nazionale vale 97 milioni il decreto che fissa l’elenco degli ammessi e degli esclusi dal Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo del triennio 2025-27.

Il mondo del teatro, manco a dirlo, è in subbuglio e si registrano fin da subito gli attestati di solidarietà anche da chi ce l’ha fatta, trattenendo il fiato fino all’ultimo.

Accedono ai fondi anche Carnezzeria di Emma Dante e Babel/Spazio Franco nell’innovazione, il Ditirammu per l’infanzia, Cuticchio e il museo Pasqualino per il teatro di figura. Tra i festival si confermano Prima onda, Ballarò buskers e Mercurio.

«Siamo vivi ma non siamo felici - dice Giuseppe Provinzano, direttore di Spazio Franco e del Mercurio festival, entrambi ammessi al contributo -. Siamo preoccupati e dispiaciuti perché attorno a noi è pieno di "morti e di feriti" e non si può brindare e far spallucce!». E aggiunge: «Guardo alla mia Palermo e alla mia Sicilia, che non ne esce bene per niente».

Tra gli esclusi Provinzano ricorda i già citati Festival ConFormazioni e il Teatro Bastardo «che da anni esplorano i confini della danza e della scena performativa» e al Teatro Agricantus e la Fondazione MENO.

E pensa anche «a quei colleghə che con fatica e merito hanno tentato di crescere e consolidarsi e che svolgono un lavoro prezioso in un territorio complesso come la Sicilia». Al Piccolo Teatro Patafisico, a Sutta Scupa, Teatro Atlante, Cantieri Culturali alla Zisa - CCCZ,KLEIS (a Palermo), Retablo, Palco Off (Catania).

E ancora Cortile Teatro Festival, DAF Project, Fondazione Horcynus Orca, Teatro dei due Mari (Messina).

«Ogni esclusione – dice- è un pezzo di Sicilia che viene frustrata, una conseguente perdita di posti lavoro, un’incubatrice di bellezza che chiude i battenti».

E solidarietà e comprensione arrivano anche da un altro esponente di lungo corso del mondo del teatro, Alfio Scuderi, direttore artistico del Festival delle Orestiadi, un festival storico riconosciuto dal ministero tra i festival teatrali da molti anni.

«Pur avendo con le Orestiadi ottenuto un giudizio positivo - dice Scuderi - anche con una piccola crescita rispetto al precedente triennio, ovviamente sono personalmente vicino alle tante realtà che hanno subito tagli drastici nei giudizi e gravi esclusioni, che hanno colpito soprattutto il mondo della contemporaneità e ricerca, che invece è quello che ha maggiore bisogno di essere sostenuto, fuori da logiche di mercato».

Se a questo si aggiungono «le preoccupanti dimissioni di tre membri su sette in polemica per le scelte della stessa commissione - sottolinea ancora - che inevitabilmente minano quella pluralità rappresentata dalla commissione a garanzia delle diverse anime dell’arte e dei territori, si registra nel metodo di giudizio e nel sistema un’evidente crisi».

Sotto i riflettori degli esclusi ma non solo, ci sono infatti i criteri di valutazione della commissione che ha dato i giudizi. Anche alla luce del fatto che tre dei sette professionisti (Alberto Cassani, Carmelo Grassi e Angelo Pastore) della commissione che stava vagliando le domande relative ai finanziamenti sul teatro per il nuovo triennio 2025-2027 si sono dimessi a causa della "scelta della maggioranza di voler declassare la Fondazione Teatro Nazionale della Toscana", si legge nella lettera di dimissioni.

«L'aria che tirava nei giorni scorsi non faceva ben sperare - dice Rossella Pizzuto co-fondatrice e coordinatrice del Piccolo Teatro Patafisico - anche alla luce di quello che era successo in commissione.

Gli esiti che ci sono stati in realtà ce li aspettavamo. La riflessione che facciamo va al di là di questo e si focalizza sul sistema in generale, sui criteri di valutazione che spingono a "fare botteghino" e a fare teatro per la massa, con nomi noti, penalizzando invece chi si prende il "rischio culturale" di fare scelte diverse, di sperimentare in modo creativo in ambito teatrale, incoraggiandoti così ad appiattirti su quello che già esiste».

Un altro ambito sui cui «sarebbe necessario accendere i riflettori - continua Pizzuto- è il fatto che nei criteri non si tiene conto degli svantaggi territoriali, ovvero delle difficoltà maggiori che ci sono al Sud. Qui si fanno meno spettacoli a causa delle difficoltà nella circuitazione, nella formazione del pubblico e nell'acquisizione delle risorse dai privati, essendoci meno fondazioni. Senza contare che riguardo alla nostra specifica categoria "Nuove generazioni" in Sicilia ci sono soltanto due enti che se ne occupano».

Pizzuto, come anche Provinzano, si chiedono «dov'è la Regione siciliana? Ci finanzia e ci conosce da anni. Perchè non prende posizione a difesa dei suoi enti culturali?».

«Un esempio concreto - aggiunge Provinzano -. La Sicilia è l’unica regione in Italia in cui non c'è un avviso pubblico per i festival: questo ci penalizza ulteriormente nella competizione nazionale con tutti i festival delle altre 19 regioni. Per questo vediamo città in Italia che hanno un numero di enti riconosciuti pari a più del doppio dell’intera Sicilia».

Insomma monta la protesta e sulla questione si accende un dibattito che non si ferma: il 7 luglio alle 17.00 si tiene infatti l'assemblea nazionale online "Vogliamo tutt'altro" alla quale partecipano i lavoratori del mondo del teatro. E quelli palermitani e siciliani sono in prima fila.
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