ECCELLENZE
Un borgo siciliano è la "Città del formaggio 2024": il tour nel paese (delle cento essenze)
È un paesino di circa 6mila anime alle pendici a nord ovest del Monte Lauro che va ad aumentare il medagliere delle "Città del Formaggio" che salgono a 5 in Sicilia
I bei giorni di aprile, quando il vento accavallava ad onde l’erba verde, e le cavalle nitrivano nei pascoli; i bei meriggi d’estate, in cui la campagna, bianchiccia, taceva, sotto il cielo fosco, e i grilli scoppiettavano fra le zolle, come se le stoppie incendiassero! [...] il buon odore del fieno in cui s’affondavano i gomiti, e il ronzìo malinconico degli insetti della sera, e quelle note dello zufolo di Jeli, sempre le stesse - iuh! iuh! iuh! che facevano pensare alle cose lontane…”.
Questi versi riescono a dipingere in carne ed ossa "Jeli Il pastore", il personaggio disarmante e sbalorditivo del migliore novelliere dell’800 Giovanni Verga che nacque a Vizzini in provincia di Catania e che impregnò la sua arte letteraria di quella luce agreste e amara, dove le masserie erano la struttura della società e del tessuto familiare ed economico.
Il borgo catanese si identifica con la straordinaria ricotta, la provola e il "canestrato" che merita un capitolo a parte.
È anche definito la "località delle cento essenze" per il suo connubio perfetto tra l’origine vulcanica e ricchissima dei suoi terreni a medio impasto, vocati ad allevare gli animali allo stato semibrado e per i profumi emanati dalla ricotta che, una volta prodotta, veniva esportata dagli anni Quaranta con le littorine fino a un decennio fa.
Vizzini, che è un paesino di circa 6mila anime, alle pendici a nord ovest del Monte Lauro, va ad aumentare il medagliere delle "Città del Formaggio" che salgono a cinque in Sicilia (dopo Santo Stefano Quisquina nel 2020 nell’Agrigentino che battezza con il noto formaggio omonimo; dopo Novara di Sicilia nel 2021 a Messina con il "Maiorchino" – un tipo di pecorino - e il "Gioco della Ruzzola" allestito nel periodo pre – Carnevale, di cui abbiamo già raccontato in questa testata.
Dopo Enna nel 2022, che assegna la sua cittadinanza da secoli ad un formaggio DOP dal potente carattere e si distingue per il colore giallo quasi oro e l’integrazione dello zafferano, il “Piacentinu Ennese” DOP; oltre ad ospitare una prestigiosa Fiera Agricola Nazionale e un premio decennale di Onaf, in quanto la zootecnia è portabandiera del background agroalimentare in questo hinterland; Godrano nel 2023 - in provincia di Palermo - con il Caciocavallo Godranese, schedato popolarmente il "fiore a quattro facce" e con un Museo Antropologico della civiltà campestre).
In tutta Italia con il 2024, si arriva ad una trentina di presidi del Formaggio (quest’anno per esempio la prima volta in Basilicata); al momento nel sito ufficiale 24.
La vita sociale di Vizzini da ben 47 anni abbraccia ed imbandisce la Festa dei Sapori e dei Saperi con l’intramontabile “Sagra della ricotta e di Formaggi celebrata il prossimo 25 aprile ed è stata incardinata da sempre nella pastorizia e operosità contadina, dove aleggia il simbolo "Jeli" di Verga che a 13 anni era un guardiano di cavalli, per poi assumere il ruolo di guardiano di pecore (con il tocco di colore della tosatura nei casolari di Salonia) e ripiegare nell’apoteosi dell’asprezza con l’assassinio del suo rivale in amore Don Alfonso.
La gente viene da tutto il mondo per questo evento che funziona con la mescita della ricotta da servire calda, col siero e col pane di casa a pasta dura che si presta ad essere inzuppato: il piatto si chiama "Zabbina invece la Zabbinata è l'insieme di tutto il contenuto.
Questa ricorrenza codificata riporta ad un riflesso incondizionato (acquolina in bocca) per l'assaggio di ricotta, offerta nei piattini di plastica (alcuni anni fa sono stati di terracotta).
Da "Rosso Malpelo" a "Mastro Don Gesualdo" passando per la novella "Nedda" con un percorso extraurbano di illuminato e nostalgico verismo, qui ci si tuffa nell’eccellenza gastronomica della ricotta e nello strumento principe del marketing e del turismo. Ad inventarsi l’istituzione delle Città del Formaggio, con la rispettiva Rete Italiana, è stato il delegato della Sicilia, Pietro Pappalardo nel 2020 e, da allora, ogni regione ha il suo referente e un presidente nazionale che è Piercarlo Adami.
L’Amministrazione municipale avrà il suo lustro anche sotto il profilo del gusto e delle tipicità da esportare, oltre a quello artistico - letterario grazie a Verga e al suo cartello segnaletico istituzionale per dare il benvenuto in una della Città del Formaggio della Penisola.
La vicesindaca Fabiola Di Benedetto sa che, come in tutti siti che acquisiscono questa onorificenza della durata di un anno solare, bisogna organizzare almeno un evento pubblico per suffragare l’importanza di un’economia, basata anche sulla produzione di ineccepibili qualità casearie e sulla presenza di un target di agricoltori con i loro caseifici adibii alla trasformazione.
Abbiamo conosciuto la veterinaria e produttrice Donatella Vanadia, originaria di Tortorici, che ha scovato Vizzini da transumante riconoscendo la tipicità climatica e pedoclimatica della superficie.
«Siamo nell’area dei Monti iblei, dove la località delle cento essenze offre la possibilità di allevare in maniera non intensiva, bensì estensiva – spiega la specialista - che utilizza un sistema in cui bovini e ovini vengono nutriti con razioni alimentari provenienti dall'esterno.
La tradizione racconta che ci sia la pastorizia perché i terreni sono favoriti dalle condizioni a cui si adattano, grazie all’Altopiano degli Iblei. La molteplicità delle essenze che caratterizza tutta la zona e la ricotta prodotta era un qualcosa di speciale, per cui i turisti che ci cercano e ci cercavano anche nel passato: già in un periodo antecedente alla Seconda Guerra Mondiale, la spedizione del formaggio avveniva esclusivamente con le littorine».
«La ricotta veniva trasportata con la Cavagna che è un recipiente di canna comune – prosegue la dottoressa -, a forma cilindrica chiusa in una estremità a punta con un gancio e in quella opposta veniva coperta da una foglia larga di pianta che si chiama Porrazza. Con questo metodo veniva appesa in dei covoni come un sole con tanti raggi (ogni raggio teneva una ricotta): nello stesso gancio, circa venti Cavagne come il cestino delle mollette.
Le cavagne si portavano a piedi sulla spalla e venivano distribuite in tutta la Sicilia orientale e soprattutto a Messina e Catania. Le migliori pasticcerie del comprensorio si servivano della nostra ricotta».
Il prodotto si individua nell’intera Isola, con un sapore unico che deriva dal trasferimento dagli enzimi degli animali al latte. La ricotta è mista commercialmente ma esiste anche pura estratta dai bovini, con gli stessi requisiti delle cento essenze.
«Dalla metodica naturale e laboriosità manuale collegate al quid in più dell’altopiano, i prodotti sono sempre artigianali – commenta Vanadia - e garantiscono, qualità, salubrità e tipicità che si lega alla gestione naturale dei pascoli.
Vizzini era, un tempo, un centro commerciale. Da qui nasceva l’Organigramma dei Cavagnari. Ogni famiglia aveva una Mannara che possedeva un gregge. I vari parenti coadiuvavano una filiera fiorente e una tradizione di pastorizia. Siamo rimasti in pochi professionalmente perché il Polo Zootecnico del Calatino risente dello spopolamento ma la tipicità della ricotta resta di nicchia».
La ricotta deriva dall’affioramento delle globuline del latte, da cui viene sottratta la tuma ovvero la frazione che anticipa la ricotta dalla doppia cottura.
Nella prima fase si tolgono le proteine che si chiamano caseine mentre il passaggio alla seconda fase si accompagna alla creazione di vapori e profumi eccezionali.
La quarara è la pentola di rame da 350 a 500 litri dove si preparava la mistura. Il latte crudo dalla temperatura ambiente viene riscaldato a 36 – 38° C con l’aggiunta del caglio che è dato da enzimi naturali del capretto o agnello che favoriscono la coagulazione del latte.
Questa avviene in circa un'ora. L’addensamento si chiama cagliata che viene rotta con un arnese denominato spino, oggi d'acciaio mentre, all'epoca della Cavagna fino agli anni Ottanta, era di legno. Dalla rottura si compie una sedimentazione delle proteine e caseine, da cui si ottiene la tuma.
Dall'estrazione di quest’ultima, viene fuori l’ammasso di siero che viene raccolto e portato ad una temperatura di 83-84° C. Poi, si integra il siero esausto del giorno prima perché è acidificato oppure il sale che rende la soluzione soprassatura perché a 84 c'è il famoso addensamento delle globuline e proteine del latte. Il siero rimasto viene rimesso in cottura. Ci sono contenitori per le forme delle ricotte.
A Vizzini storicamente erano le cavagne fino a un ventennio fa, oggi c’è un contenitore monouso in plastica da 500 grammi o 1 chilo o 1 chilo e mezzo o 2 chili.
Quando si raccoglie la tuma viene inserita in recipienti che si chiamano canestri e il formaggio prende il nome di Canestrato che riproduce le rughe di quando si realizzava il formaggio all'interno dei cestini di giunco (pianta della zona acquitrina facilmente malleabile da intrecciare).
Il canestrato può essere la tuma che a prima salatura diventa primo sale, a seconda salatura diventa secondo sale quindi semistagionato e se non viene consumato stagionato.
Gli arnesi utilizzati per la mescita ricotta: "mastreddu" (contenitore con relative sponde) e gocciolatore per le Cavagne e raccolta siero da sgocciolamento ossia "busunetto", ancora cazza e "carila" utensili per la raccolta della ricotta.
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