"Ciò che accade all'improvviso": lo spettacolo di Rosario Palazzolo al Teatro alla Guilla
Un surrealismo giocato con i tempi della commedia comica che spesso distorce nel giallo, si adagia sul grottesco per arrivare a un finale drammatico. Ad animare questa storia tre uomini che hanno perso la strada, che non si riconoscono più, tre personalità che diventano metafora dell'uomo.
"Ciò che accadde all'improvviso" è uno spettacolo teatrale di e con Rosario Palazzolo (scrittore, attore e regista teatrale italiano, palermitano classe 1972), Francesco Gulizzi e Anton Giulio Pandolfo. La musica è di Francesco Di Fiore; i costumi e le scene di Luca Manuli, assistente alla regia Clara De Rose.
Il dialogo spesso assume tono e vigore comici, s'inerpica per le vie del surrealismo e di volta in volta frustra gli spettatori che cercano di dare un senso a ciò che vedono in scena: che situazione è quella in cui il dialogo si svolge? Un frammento di realtà? Un manicomio? Un appena accennato aldilà? Una scena teatrale rivissuta meta-teatralmente? E chi sarebbe quello che i tre misteriosamente chiamano “quello del fatto”? Un dio? Il caso? Un medico arcigno?
Ci sputa, ne ride. Fa quello che ciascuno di noi è costretto a fare: tirare avanti, malgrado tutto. Ora, i morti, da che mondo e mondo, possono star distesi, supini, appesi, scomposti, infilati dentro catafalchi di tutte le specie, mummificati dentro sarcofagi o ridotti in polvere e ficcati dentro vasetti colorati, tesi, spiegati, conciati in poltiglia per chissà quale catastrofe, seduti o coricati, qualche volta in piedi, ma resta, comunque, da parte loro, l’impegno all’immobilità, e ciò affinché le più assodate norme umane possano continuare a perpetuarsi. Loro, seppur morti, invece camminavano.
"Ciò che accadde all'improvviso" è uno spettacolo teatrale di e con Rosario Palazzolo (scrittore, attore e regista teatrale italiano, palermitano classe 1972), Francesco Gulizzi e Anton Giulio Pandolfo. La musica è di Francesco Di Fiore; i costumi e le scene di Luca Manuli, assistente alla regia Clara De Rose.
Il dialogo spesso assume tono e vigore comici, s'inerpica per le vie del surrealismo e di volta in volta frustra gli spettatori che cercano di dare un senso a ciò che vedono in scena: che situazione è quella in cui il dialogo si svolge? Un frammento di realtà? Un manicomio? Un appena accennato aldilà? Una scena teatrale rivissuta meta-teatralmente? E chi sarebbe quello che i tre misteriosamente chiamano “quello del fatto”? Un dio? Il caso? Un medico arcigno?
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Non ci sono risposte univoche, lineari. Non possono essercene. Forse nulla di tutto questo o tutto questo insieme. Ciò che accade all'improvviso è una sorta di favola nera che si prende gioco dei diversi piani significanti della realtà.Ci sputa, ne ride. Fa quello che ciascuno di noi è costretto a fare: tirare avanti, malgrado tutto. Ora, i morti, da che mondo e mondo, possono star distesi, supini, appesi, scomposti, infilati dentro catafalchi di tutte le specie, mummificati dentro sarcofagi o ridotti in polvere e ficcati dentro vasetti colorati, tesi, spiegati, conciati in poltiglia per chissà quale catastrofe, seduti o coricati, qualche volta in piedi, ma resta, comunque, da parte loro, l’impegno all’immobilità, e ciò affinché le più assodate norme umane possano continuare a perpetuarsi. Loro, seppur morti, invece camminavano.
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