"L'ultima cena", prigionieri e giustizia in uno spettacolo in scena al centro Zo di Catania
In scena al centro Zo di Catania "L’ultima cena”, spettacolo scritto e diretto da Riccardo Lanzarone. Sul palco, Riccardo Lanzarone e Feliciana Sibilano. Una produzione Cantieri Teatrali Koreja portata in scena con il contributo del Festival Internazionale Castel Dei Mondi, il sostegno MatTeatro, in collaborazione con la Rete LATITUDINI.
“L’ultima cena” è il secondo capitolo de “La trilogia dell’attesa”. Indagare i momenti di stasi, i luoghi di blocco, i ruoli di potere, le potenziali vittime e i possibili carnefici. In "Codice nero", il primo capitolo, il fuoco dell’operazione si concentrava sulla violenza involontaria (il medico, pedina della sanità rischia di uccidere o colpire per una mancanza dell’Istituzione Sanità). Nell’Ultima cena, si vuole invece conoscere la sensazione del probabile colpevole e la voglia di vendetta della presunta vittima.
Lo spazio in cui si muove il protagonista è a metà tra una cella d’isolamento di una prigione e la cantina di un appartamento, dove sentire il disorientamento tipico dell’ostaggio e l’abbandono della giustizia nei confronti del prigioniero. Siamo nel 2027 in un futuro dove sarà legittimo farsi giustizia da sé, dove non servono prove schiaccianti per condannare una persona, ma solo il denaro per sovvenzionare strutture private che smaltiscono il crimine uccidendo i presunti colpevoli in 24 ore. L’attenzione si focalizza in particolar modo sulla condizione del prigioniero/ostaggio, sull’attesa all’interno di una cella.
“L’ultima cena” è il secondo capitolo de “La trilogia dell’attesa”. Indagare i momenti di stasi, i luoghi di blocco, i ruoli di potere, le potenziali vittime e i possibili carnefici. In "Codice nero", il primo capitolo, il fuoco dell’operazione si concentrava sulla violenza involontaria (il medico, pedina della sanità rischia di uccidere o colpire per una mancanza dell’Istituzione Sanità). Nell’Ultima cena, si vuole invece conoscere la sensazione del probabile colpevole e la voglia di vendetta della presunta vittima.
Lo spazio in cui si muove il protagonista è a metà tra una cella d’isolamento di una prigione e la cantina di un appartamento, dove sentire il disorientamento tipico dell’ostaggio e l’abbandono della giustizia nei confronti del prigioniero. Siamo nel 2027 in un futuro dove sarà legittimo farsi giustizia da sé, dove non servono prove schiaccianti per condannare una persona, ma solo il denaro per sovvenzionare strutture private che smaltiscono il crimine uccidendo i presunti colpevoli in 24 ore. L’attenzione si focalizza in particolar modo sulla condizione del prigioniero/ostaggio, sull’attesa all’interno di una cella.
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