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"Playlist" di Alfonso Leto

Balarm
La redazione

Con l’inaugurazione della mostra "Playlist" di Alfonso Leto proseguono le incursioni del ciclo Le forme e la musica (che aveva già proposto le opere di Guido Baragli e di Rossella Leone) nell’universo delle arti visive con l’idea di proporre le valenze semantiche delle immagini in un luogo che vive di musica, la più immateriale e aniconica delle espressioni artistiche.

Playlist perché Alfonso Leto è un compilatore. Il suo mestiere è di raccogliere immagini, affastellare objet trouvé destinandoli alla scena dell’arte. L’ironia, il gioco simbolico sono gli ultimi confini di una ricerca che smonta il reale per trovare l’agglomerato frusciante di linguaggi diversi. Orti fiorenti è il titolo dei grandi drappi realizzati con quello che l’artista definisce un falso dripping. Significa “casualità a rilascio controllato”, come lui stesso spiega: materia densa che insegue la dinamica delle forme, dove il colore si rapprende libero da schemi per recuperare il senso dell’opera.

Orto fiorente da Porto fiorente, fra gli estremi capolavori di Paul Klee, che praticava e amava la musica. Negli omaggi a Frank Zappa, Leto riprende la traccia di un fatto lontano, un concerto mai avvenuto nel 1982 a Palermo, e trae lo spunto per realizzare una sorta di icona del grande musicista.

Soltanto che nei suoi lavori niente è ciò che sembra. Il mondo di Frank è una scatola di latta nera dove è contenuta la memoria. Desideri e seduzioni differenti, slittamenti di senso ampliano la visione, recuperano concatenazioni di ricordi, nostalgie e ci giocano su, colorando il tempo con quell’amore per la pittura che non abbandona mai l’artista.

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