Una prima nazionale alle Orestiadi: "Le stanze di Ulrike", di e con Silvia Ajelli
											Silvia Ajelli
					"Le Stanze di Ulrike la rivoluzione inizia a primavera" è lo spettacolo di e con Silvia Ajelli che va in scena in prima nazionale alle Orestiadi di Gibellina venerdì 27 luglio alle 21.15 in collaborazione con Teatro Biondo di Palermo.
A cinquant’anni dal 1968, si racconta la vicenda personale, storica e politica di Ulrike Meinhof, giornalista tedesca che a partire proprio dal 1968 orientò il suo pensiero verso una posizione sempre più radicale fino ad entrare in clandestinità e a votarsi alla lotta armata contro il suo paese, la Repubblica Federale tedesca, divenendo membro attivo della RAF, Frazione dell’Armata Rossa.
Lo spettacolo racconta il processo di radicalizzazione della giornalista, dall’indignazione per la guerra in Vietnam e il dilagare dell’imperialismo americano, alla protesta a fianco del movimento studentesco; dalla protesta alla resistenza contro la politica repressiva del governo tedesco, in seguito alle manifestazioni studentesche e infine dalla resistenza alla violenza, con la fondazione della RAF e la proclamazione della lotta armata.
La figura di Ulrike Meinhof è una figura controversa: giornalista, editorialista, documentarista, attivista contro le discriminazioni nei confronti delle donne sul posto di lavoro e contro l’emarginazione della gioventù marginalizzata, ma anche combattente e infine terrorista, accusata dalla repubblica Federale tedesca insieme agli altri membri della RAF di quattro omicidi e 34 tentati omicidi.
Non è intenzione degli autori dare un giudizio storico o politico, ma raccontare attraverso lo spettacolo la storia di una donna che, da giornalista impegnata politicamente, dopo aver abbandonato la sua identità professionale e il suo ruolo di donna e di madre, ha fatto dell’azione e della lotta armata la sua personale rivoluzione. Raccontando questa storia cinquant’anni dopo ci si chiede come può nascere e dove può condurre la violenza
				
									A cinquant’anni dal 1968, si racconta la vicenda personale, storica e politica di Ulrike Meinhof, giornalista tedesca che a partire proprio dal 1968 orientò il suo pensiero verso una posizione sempre più radicale fino ad entrare in clandestinità e a votarsi alla lotta armata contro il suo paese, la Repubblica Federale tedesca, divenendo membro attivo della RAF, Frazione dell’Armata Rossa.
Lo spettacolo racconta il processo di radicalizzazione della giornalista, dall’indignazione per la guerra in Vietnam e il dilagare dell’imperialismo americano, alla protesta a fianco del movimento studentesco; dalla protesta alla resistenza contro la politica repressiva del governo tedesco, in seguito alle manifestazioni studentesche e infine dalla resistenza alla violenza, con la fondazione della RAF e la proclamazione della lotta armata.
La figura di Ulrike Meinhof è una figura controversa: giornalista, editorialista, documentarista, attivista contro le discriminazioni nei confronti delle donne sul posto di lavoro e contro l’emarginazione della gioventù marginalizzata, ma anche combattente e infine terrorista, accusata dalla repubblica Federale tedesca insieme agli altri membri della RAF di quattro omicidi e 34 tentati omicidi.
Non è intenzione degli autori dare un giudizio storico o politico, ma raccontare attraverso lo spettacolo la storia di una donna che, da giornalista impegnata politicamente, dopo aver abbandonato la sua identità professionale e il suo ruolo di donna e di madre, ha fatto dell’azione e della lotta armata la sua personale rivoluzione. Raccontando questa storia cinquant’anni dopo ci si chiede come può nascere e dove può condurre la violenza
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