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Ammirare la Valle dei Templi dal fiume: l'Akragas potrebbe tornare navigabile (in parte)

Per ridare dignità a questo luogo che già possiede caratteristiche naturali fortemente attrattive non occorrono grandi investimenti bensì piccoli accorgimenti

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 12 marzo 2022

La Foce del fiume Akragas (foto Assessorato dei Beni Culturali della Regione Siciliana)

Lo storico Polibio che ci dice che “Agrigento sorgeva in sito ameno e forte, circondata da mura inespugnabili; il suo ambito era protetto da due fiumi, e la sua acropoli, circondata da inaccessibile precipizio, stava al di sopra delle città, in direzione degli orienti estivi”. Uno dei fiumi era l’Akragas.

Questo delizioso corso d’acqua lambiva Akragas ed era un’importante via di comunicazione fra la costa e l’entroterra, perché navigabile; da esso si potevano e si possono ammirare le sue magnifiche colonne doriche dei suoi templi greci.

Talvolta, complici le mareggiate che sferzano le dune, affiorano lungo la riva testimonianze archeologiche sepolte nella sabbia.

Lungo il suo litorale, caratterizzato da ampie distese di duna sabbiosa, e più precisamente alla foce del fiume, nacque l’antico “Emporium” della colonia greca di Akragas. Un piccolo paradiso terrestre allora, evocato anche dagli storici dell’antichità Diodoro e Livio.
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Oggi il suo aspetto è molto mutato, ma da tempo fioriscono i progetti per la sua valorizzazione.

«Oggi la parte terminale del fiume Akragas è “colonizzata” da un numero sempre più considerevole di uccelli acquatici - sottolinea Claudia Casa di Legambiente Agrigento -. Si tratta in prevalenza di folaghe, gallinelle d’acqua, gabbiani, ma anche aironi bianchi, aironi cinerini, garzette, cormorani, zafferani. Ma la cosa che ci ha colpito maggiormente è l’intesa venutasi a creare tra questi animali e le tante persone, giovani e meno giovani, che, frequentando abitualmente la zona compresa tra la spiaggia della Babbaluciara e contrada Maddalusa per fare attività fisica o semplicemente per prendere una boccata d’aria buona vicino al mare, non trascurano di portare con sé un po’ di pane raffermo o di mangime da lanciare in acqua per rifocillare, appunto, gli uccelli. Nei weekend, poi, questo è ormai diventato il passatempo preferito di diverse famiglie con bambini».

Da più parti si è cercato di richiamare l’attenzione sulla rilevante valenza naturalistica e turistica che la foce del fiume Akragas riesce a conservare. L’associazione Mareamico ha anche promosso qualche anno fa un concorso per le scuole per far conoscere la bellezza del sito.

«Per ridare dignità a questo luogo che già possiede caratteristiche naturali fortemente attrattive e dove peraltro ricadono un fittissimo boschetto dunale ed un tracciato ciclo-turistico ufficialmente riconosciuto, non occorrono grandi investimenti bensì piccoli accorgimenti, come la realizzazione di punti per l’osservazione della fauna acquatica, il ripristino e la messa in sicurezza delle due ringhiere da cui la gente in atto si affaccia per dare da mangiare agli animali, una tabellazione a scopo informativo e soprattutto didattico perché il sito si presta molto ad essere fruito dalle scolaresche per conoscere ed approfondire tematiche ambientali di particolare importanza», ha sottolineato Raffaella Giambra, architetto e anche lei componente del direttivo del Circolo Rabat di Legambiente.

C’è stato un tempo in cui il fiume Akragas era navigabile ed era posto sotto la protezione di una divinità che si occupava della prosperità della città.

Troviamo il fiume effigiato nelle monete dell’antica Akragas, dove compare come un ragazzino nudo. La mitologia lo vuole figlio di Zeus Olimpico e della bella ninfa Asterope; viene rappresentato con due piccole corna, che simboleggiano i due rami che abbracciano la città classica. Pindaro chiamò “sacro fiume” il fiume akragantino.

Il fiume era necessario all’alimentazione e le sue sponde erano stabilizzate ed abbellite dalla vegetazione. La fertilità dei campi della città greca e romana era garantita dai fiumi due suoi fiumi, l'Akragas e l'Hypsas ( tra i quali si insediarono i primi coloni venuti da Gela ) che potevano rendere facilmente irrigui i terreni. La polis di Akragas fu progettata ab origine per essere grandiosa con vocazione agricola. Infatti circa 450 ettari furono destinati alla città.

La necessità delle comunicazioni interne e i commerci erano favoriti dalla dolce corrente del fiume Akràgas, che permetteva alle navi di risalirne il corso anche oltre l’attuale rotonda sotto il tempio di Giunone .

Su una costa caratterizzata da una duna sabbiosa, oggi solo parzialmente conservata, alla foce del fiume Akragas, è sorto - come abbiamo detto - l’antico Emporio della città di Akragas, divenuto successivamente anche il porto della città romana e bizantina. Ricordato da Diodoro da Polibio e da Livio, è segnalato anche da Strabone. Varie scoperte archeologiche, condotte a partire dalla seconda metà del secolo scorso, hanno portato alla luce una necropoli di età arcaica, individuata sulla sponda destra del fiume, coeva al primo stanziamento dei coloni, di cui, talvolta, complici le mareggiate che sferzano le dune, affiorano le tombe in anfora sepolte nella sabbia.

Ma la lunga storia dell’Emporio agrigentino, dall’età arcaica all’età bizantina, emerge soprattutto dalla stratigrafia archeologica, rinvenuta nel 2011 in seguito ad uno sbancamento effettuato in un lotto sulla riva sinistra del fiume. Vari indizi recuperati nell’area segnalano anche la presenza di attività produttive, come la pesca e forse la concia delle pelli, e l’estrazione della porpora.

Valorizzare tutto ciò che il fiume Akragas offre, rendendolo per un tratto almeno navigabile, anche per far conoscere i suoi siti archeologici, la sua fauna e la sua flora, potrebbe arricchire l’offerta turistica e tornare a stabilire un legame tra la città e il suo fiume.

Lo scorso giugno è stato annunciato che il sito sarà fruibile, grazie a un progetto dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana che varerà oltre un milione di euro.

«Si tratta – ha detto, l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, - di dar corso a un’operazione di recupero della memoria storica che mira a restituire ad Agrigento il proprio passato, creando una continuità tra la costa e la Valle dei Templi, rapporto che nel tempo ha subito una frattura. Molti progetti finanziati dal governo regionale attraverso l’assessorato dei beni culturali che tendono a ricostruire un tessuto che valorizzi la città di Agrigento nella sua complessità e continuità: Parco archeologico, centro storico, area costiera sono, infatti, tutti elementi che vanno connessi per offrire una visione globale della città».
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