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A Palermo è "impacchettato" dal 2018: che fine farà il chiosco Ribaudo del Politeama

Una volta liberato e restaurato, il chiosco basiliano potrà da subito divenire l’info point più suggestivo e luminoso del futuro percorso urbano Art nouveau

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 19 aprile 2023

Il Chiosco Ribaudo a piazza Castelnuovo

Con i due chioschi di piazza Verdi condivide dimensioni globali di ingombro volumetrico e pianta a croce greca, ma la distanza quasi ventennale che lo separa dai precedenti esercizi formali si esplicita qui, oltre che nel linguaggio pienamente Liberty di partiture e cromatismi a tratti d’area secessionisti, anche attraverso la caratterizzazione di un monumento urbano dalla forte valenza storico-artistica, capace di un dialogo tutt’altro che subalterno con gli edifici circostanti.

Il secondo Chiosco Ribaudo infatti rappresenta per la critica il punto finale della parabola palermitana strettamente floreale del progettista di Montecitorio.

Un monumento urbano che diviene insieme traccia per i manuali di storia dell’arte europea e coordinata storica ben definita intorno al 1916, anno della sua realizzazione subito dopo la coeva del vicino Kursaal per i fratelli Biondo lungo la via Amari.

Una pietra miliare il piccolo chiosco di proprietà comunale, inutilizzato da oltre un quindicennio e letteralmente "impacchettato" dall’autunno del 2018 quando la prossimità al cantiere Rfi Italferr, dopo imbarazzanti momenti di ambiguità, sancì l’attuale configurazione di "protezione" del monumento.
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Operazione corretta, magari si fosse pensata prima, eppure oggi, ad oltre un anno e mezzo dalla chiusura del cantiere in superficie, il chiosco rimane incomprensibilmente ancora impacchettato a tal punto da ipotizzare tra i gruppi di turisti confusi che si possa trattare di una strana operazione di performance artistica contemporanea.

Nessuna performance ovviamente ma un destino che deve sicuramente prendere una piega di “normalità” attraverso l’ovvio restauro che dovrà necessariamente seguire quando le autorità competenti in materia di tutela sul patrimonio artistico solleciteranno lo spacchettamento e dopo la presa visione delle superfici del chiosco, il relativo e spedito restauro scientifico.

Lo dobbiamo all’articolo 9 della Costituzione italiana, lo dobbiamo ad Ernesto Basile nuova Icona urbana laica del capoluogo proprio dal 2018, lo dobbiamo alla nostra comunità che aspira a radunarsi attorno a quella nostra grande bellezza che il turismo contemporaneo ammira e che troppo spesso non siamo stati in grado di tutelare e trasmettere.

L’appello che possiamo muovere da studiosi ma soprattutto da cittadini al nuovo asset politico, è quello di chiedere e ottenere la liberazione del bene dalle inutili imbracature lignee e di attivarsi affinché i costi del restauro possano essere magari condivisi se non addirittura sponsorizzati integralmente proprio da Italferr, come segnale distensivo di ristoro dovuto alla città per i disagi prodotti in uno dei luoghi più iconici della Palermo contemporanea seguenti alla costruzione del necessario Anello ferroviario sottostante.

Una volta liberato e restaurato, il chiosco basiliano potrà da subito divenire l’info point più suggestivo e luminoso del futuro percorso urbano Art nouveau, tornando a donare allo spazio urbano circostante un prezioso tassello di bellezza sociale dell’arte.
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