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Da chiesa a moschea e persino caserma: in Sicilia c'è il più antico tempio in stile dorico

Il patrimonio culturale del territorio siracusano vanta un potenziale degno di lode e menzione. Vi parliamo del Tempio di Apollo, subito dopo l'ingresso all'isolotto di Ortigia

Livio Grasso
Archeologo
  • 13 febbraio 2023

Il tempio di Apollo a Siracusa

Siracusa fu una delle poleis di maggior rilievo politico e commerciale nella storia dell’antichità classica. Denominata con l’epiteto “pentapoli”, in passato era composta da cinque città differenti: Ortigia, Neapolis, Acradina, Tyche, Epipoli.

Il suo splendore venne decantato anche da Cicerone, il quale, nelle Verrine, ne annovera sia le attrazioni architettoniche che le opere d’arte. Tuttora, come appare evidente, il patrimonio culturale del territorio siracusano vanta un potenziale degno di lode e menzione.

Basti pensare, per esempio, al Tempio di Apollo, ubicato subito dopo l’ingresso all’ isolotto di Ortigia. Databile intorno al VI secolo a.C., rientra tra le perle monumentali più rappresentative del versante siracusano. Si tratta del più antico edificio templare, in stile dorico, realizzato in Sicilia.

Nel corso dei secoli, la struttura fu sottoposta a delle modifiche radicali che ne hanno alterato la primigenia architettura.
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Sotto il dominio bizantino fu, infatti, trasformata in una chiesa cristiana. Diversamente, a seguito dell’egemonia araba sull’isola, divenne una vera e propria moschea.

Ulteriore destinazione d’uso ebbe intorno al XVI secolo, venendo adibita a caserma. Quest’ultima, dopo quattro secoli, fu demolita del tutto durante il ventennio del regime fascista. Tuttavia, gli elementi strutturali del vecchio complesso greco non vennero minimamente rimossi.

Allo stato attuale, risulta essere pienamente visibile la piattaforma a gradini su cui poggiava la primitiva costruzione. Gli archeologi, a seguito di dettagliate ricognizioni in situ, ne hanno ipotizzato una notevole estensione. Con molta probabilità era un tempio periptero di 6x17 colonne che misurava, orientativamente, 58x24 metri.

Si conservano, altresì, una sezione dei muri laterali della cella, due colonne intere con capitello dorico e una parte del colonnato sia laterale che centrale. Nell’area sacrale figurano alcuni tratti del recinto sacro e vari frammenti edilizi di fattura bizantina.

Altre particolarità meritevoli di riguardo, sono le singolari colonne monilitiche e la ristrettezza dell’intercolumnio; con esso si allude allo spazio libero che intercorre tra una colonna e l’altra.

Per molti anni, gli studiosi hanno compiuto delle ricerche per identificare la divinità a cui è stato dedicato il poderoso esemplare architettonico. A supporto dell’indagine è un’iscrizione che consente di formulare delle interpretazioni plausibili.

La traccia epigrafica è stata rilevata sui gradini, fornendo un indizio significativo ai fini dell’obiettivo attributivo. La traduzione riporta che la pianificazione e realizzazione edilizia si ascrive a Kleomede. Oltre a ciò, è contenuta la notizia che il monumento fu innalzato in onore del dio Apollo.

Aggiuntive perlustrazioni in loco hanno appurato che in principio esistevano un doppio colonnato frontale e una grande cella comprensiva di un vano chiuso, noto anche come adyton. L’interno della cella era diviso in tre navate da un altro doppio colonnato.

Ancora oggi, per di più, si scorgono una finestra ad arco acuto inserita nel muro della cella e un’ epigrafe araba sulla parete muraria interna. Quasi certamente, in origine, erano presenti delle decorazioni impreziosite dall’accostamento di svariati colori.

Prestando fede alle testimonianze in nostro possesso, lo stile dorico prevedeva l’esistenza di triglifi sulla sommità dell’opera edilizia. Il frontone, probabilmente, era decorato con l’immagine di una Gorgone.

Ad ogni modo, i reperti rinvenuti in corso di scavo sono custoditi nel settore B del “Museo archeologico Paolo Orsi”, situato nella stessa città.
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