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È un superstite in un quartiere sventrato: l'edilizia (economica) di Basile a Palermo

Vi portiamo nel blocco residenziale progettato per l'Istituto Case Popolari di Palermo, un'opera di ultima maniera basiliana dei primi anni del Novecento

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 27 dicembre 2022

L'Iacp di Palermo

A guardar bene le rare immagini in bianco e nero relative al blocco residenziale progettato per l’Istituto Case Popolari di Palermo (I.C.P.) non si fatica affatto a immaginare l’eleganza di un contesto urbano di ascendenza secessionista del primo Novecento.

Qui è facile anche contestualizzare questa interessante opera di ultima maniera basiliana del 67enne maestro di Montecitorio che, ormai affiancato nella progettazione dai figli Giovan Battista Filippo Jr. e Roberto (quest’ultimo ne seguirà il cantiere), disegna un edificio memore di proprie soluzioni progettuali già adottate in decenni di “professione”.

Un progetto in perfetto equilibrio tra un codice linguistico ormai pienamente metabolizzato dalla stessa città e la volontà di rimanere ancorati nel solco classicista della storia dell’architettura italiana.

In un raro schizzo progettuale del prospetto sulla via Volta, recentemente ritrovato presso l’Archivio degli eredi Basile, vi è già espresso l’intero programma formale dell’impaginato del prospetto, quasi in una sorta di sintesi concettuale anticipatrice del risultato tridimensionale.
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Costruzione simmetrica e massiva, si compone di un alto basamento bugnato a fasce regolari orizzontali di intonaco che si dipartono da una base massiccia in marmo che riveste l’attacco a terra a perimetrazione dell’intero blocco e in cui si aprono porte e finestre.

Tale configurazione inquadra il piano terra il quale anticipa i tre piani superiori trattati con intonaco originariamente bianco (oggi ocra chiaro), in una facciata che si concede un ulteriore piano perfettamente baricentrico, con coperture unitariamente incorniciate da un tetto a padiglione impostato su di un cornicione aggettante sorretto da mensole ritmate e tutte equidistanti.

Il solo secondo piano si caratterizza per la presenza di balconi sorretti da mensole con ringhiere in ferro battuto dal design minimale, mentre si fa interessante la singolare soluzione di rivestimento in esagoni ceramici bianchi e rossi alternati che inquadrano la fascia decorata degli ultimi livelli.

Cenni sinuosi è possibile scorgerli tra le volute a supporto delle cornici superiori di alcune finestre e lungo alcuni elementi in ferro battuto delle ringhiere. Da segnalare è la raffinata soluzione di raccordo tra il blocco centrale e le ali laterali che avviene smussando gli angoli.

Salta subito agli occhi l’assenza di una intera ala, quella prospiciente la trafficata via Crispi, della quale si è provveduto alla demolizione in favore della stessa strada solo nella seconda metà del Novecento e che lascia interessanti tracce sotto forma di “sezione” urbana visibile.

Un superstite questo edificio, la cui assenza avrebbe rischiato di imbarbarire l’intero quartiere già inutilmente sventrato dalle insensate demolizioni della prospiciente area di Castel San Pietro.
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