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Ha resistito a due terremoti nel borgo in Sicilia: dov'è il castello con la "Ninfa Zizza"

La costruzione, a pianta quadrata, un tempo era delimitata e rinforzata da torri che svettavano intorno alla "roccaforte". L'attrazione più suggestiva del territorio

Livio Grasso
Archeologo
  • 30 novembre 2022

Militello Val di Catania

Edificato nella prima metà del XIV secolo, il castello Barresi-Branciforte di Militello rientra tra le attrazioni più suggestive e carismatiche del piccolo borgo siciliano. Secondo le fonti storiche pervenute, in principio la titolarità della fortezza apparteneva all’altolocata famiglia Barresi.

La costruzione, a pianta quadrata, un tempo era delimitata e rinforzata da torri che svettavano intorno alla "roccaforte". Al centro di uno dei quattro lati, inoltre, si stagliava un torrione che, probabilmente, era destinato a luogo di residenza. Il prospetto del complesso edilizio, prestando fede a quanto tramandato, mutò radicalmente a seguito del devastante terremoto avvenuto nel 1542.

Di lì a poco, infatti, sotto l’avvento del principe Branciforte vennero ampliati gli spazi contigui alle mura interne. Per di più, fu anche realizzato un ampio cortile nel quale venne collocata una pregevole fontana raffigurante la "Ninfa Zizza". Tuttavia, nel 1693 un altro terribile sisma danneggiò rovinosamente la struttura di cui, oggigiorno, si intravedono la fontana, il bastione, una sezione del muro e una parte della torre.
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Ad ogni modo, il periodo “aureo” del castello risale proprio all’epoca del noto Francesco Branciforte, principe di Pietraperzia, e della sua consorte Giovanna D’Austria.

Nell’arco di un ventennio, infatti, entrambi si fecero promotori di una rinascita culturale che segnò la storia di Militello. Ben presto l’intero scenario urbano fu notevolmente impreziosito da fontane, biblioteche, monasteri, ospedali e acquedotti.

Ai Branciforte si attribuisce pure la fondazione del monastero San Benedetto e, al contempo, la riedificazione degli impianti monastici dedicati a San Domenico e San Francesco di Paola.

La moglie Giovanna, invece, viene rammentata per aver propiziato e supportato la fondazione dell’ospedale "Fatebenefratelli", a sua volta annesso alla chiesa di Sant’Antonio Abate. In ogni caso, per quasi vent’anni il castello si erse a cenacolo di artisti, scienziati e letterati.

Basti pensare che Francesco vi allestì una sontuosa biblioteca nella quale fece confluire migliaia di volumi. In più, ai numerosi scaffali enciclopedici, si aggiungevano la pinacoteca, la distilleria e l’armeria. Quest’ultima custodiva preziose armature che, non di rado, suscitavano meraviglia e stupore nei visitatori.

L’amore viscerale per la cultura era dettato, in primo luogo, dalla bruciante passione che Francesco e Giovanna nutrivano per l’arte e la letteratura. Non a caso, entrambi si diedero alla composizione di alcune opere che tuttora godono di ragguardevole prestigio: al principe si ascrivono sia il "Cis", sopraffino trattato amoroso, che le due commedie intitolate "Il turco fedele" e "I due pellegrini".

Giovanna,invece, appassionata di musica, realizzò una serie di brani musicali. Cionondimeno gli anni gloriosi di Militello volsero al termine nel 1622 a causa della morte, alquanto sospetta, del principe. La sua dipartita avvenne in occasione della visita che fece a Messina per rendere omaggio al nuovo viceré Emanuele Filiberto di Savoia.

A tal proposito, i più credono che fu vittima di avvelenamento. Dopo la sua scomparsa, l’intero patrimonio di cui disponeva decadde rovinosamente.

Poco dopo anche Giovanna abbandonò ogni possedimento, fuggendo via dal paese. Siamo pure a conoscenza che per volontà di Margherita Branciforte, unica figlia dei due coniugi, la biblioteca fu trasferita a Napoli ed affidata alla custodia dei Padri Teatini. Il fondo librario, costituito da circa diecimila testi, nel corso del tempo si ridusse vertiginosamente attraverso la vendita di gran parte dei libri.
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