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L'antico castello dimora di (grandi) regnanti: il suo "dongione" è tra i più alti in Sicilia

Gli studiosi ritengono che il maniero abbia ricoperto la funzione di osservatorio astronomico. Ai tempi di Federico II era frequentato da scienziati e matematici

Livio Grasso
Archeologo
  • 31 ottobre 2022

Il castello di Paternò

Costruito intorno alla seconda metà del XI secolo d.C., il castello normanno di Paternò è uno dei monumenti più rappresentativi del paese. Ad oggi rimane solo la torre principale, nota come "dongione", che un tempo faceva parte di una fortificazione edificata nel 1072 su espressa volontà del conte Ruggero d’Altavilla.

Il "torrione", inoltre, vanta delle dimensioni davvero notevoli. A quanto pare, risulta essere il più grande esemplare della Valle del Simeto. Inoltre, per chi non lo sapesse, appare pure orientato secondo i punti cardinali. A tal proposito, gli studiosi pensano che in passato abbia persino ricoperto la funzione di osservatorio astronomico.

Non a caso, ai tempi della corte di Federico II di Svevia, questo maniero era assiduamente frequentato da grandi scienziati e matematici. Secondo le fonti storiche, perlopiù pervenute tramite il monaco benedettino Goffredo Malaterra, la rocca del conte Ruggero venne realizzata su alcuni resti di un edificio arabo.
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Quest’ultimo, sicuramente, fu pianificato da uno degli emirati musulmani dell’epoca. Il conte fu anche promotore di molteplici incastellamenti nei territori di Adrano, Motta, Troina e Nicosia. Ognuno di essi, prestando fede alla documentazione in nostro possesso, ricopriva un ruolo prettamente difensivo e di controllo. Il "fortilizio" di Paternò, però, fu anche luogo di residenza imperiale e importante sede amministrativa.

Tra i personaggi più noti che vi dimorarono rientra proprio Federico II di Svevia, il quale soggiornò lì dal 1221 al 1223. In via successiva fu abitata dalla regina Eleonora d’Aragona che, sulla base di quanto tramandato, proprio qui promulgò le "Consuetudini della comunità di Paternò".

Sotto la famiglia Moncada, in alcuni periodi, la struttura fu destinata alle funzioni di pubbliche carceri. Sotto il profilo architettonico, la torre è rivestita in conci di pietra lavica.

Di forma rettangolare si staglia poderosa sul versante settentrionale, sviluppandosi su tre livelli e raggiungendo l’altezza di ben trentaquattro metri. Risalta il contrasto tra il colore scuro delle pareti monolitiche e il calcare bianco del pietrame che adorna i cantonali. Di grande pregio anche gli ambienti interni, contrassegnati da risorse di inestimabile valore.

Al piano terra sono custoditi i magazzini e la cappella dedicata a San Giovanni Battista. Si tratta di un vano rettangolare a navata unica con un abside semicircolare. Il tetto, decorato con una sequenza di stelle lignee dorate, suscita l’impressione di visitare un incantevole scenario stellato. Le pareti, invece, sono impreziosite da pitture murali a tempera che riproducono tematiche religiose.

Le raffigurazioni si datano tra la fine del XII secolo e la prima metà del XIII secolo. Al primo piano ci si imbatte nel grande salone delle armi, in origine destinato ad ospitare banchetti d’onore ed esercitazioni dei nobili. La sala presenta altre tre stanze quadrate ripartite in cucina, alloggio per il castellano e cancelleria.

Al secondo piano si fa ingresso in quattro camere quadrate presso cui, in principio, risiedevano i regnanti e i loro ospiti. L’area era abbellita da due bifore gotiche che aprivano lo sguardo verso l’Etna e la valle del Simeto. Ancora sopra, superati un centinaio di scalini, si accede al terrazzo di copertura.

Di ragguardevole ampiezza, l’enorme spazio veniva solitamente sfruttato come stenditoio per i panni. Ci sono pure due botole che conducono ad altrettanti camminamenti a mera destinazione militare.
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