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La chiesa in Sicilia dove si incontrano due religioni: perla rara tra storia e integrazione

Da alcuni anni, grazie alla concessione della curia vescovile, la chiesa è stata ceduta come luogo dove professare le sante tradizioni. Un gesto di aggregazione forte

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 22 aprile 2023

La chiesa di Sant'Antonio Abate a Castelvetrano

Terminate le celebrazioni della Pasqua cristiana, inizia la settimana dedicata alle solennità ortodosse. La folta rappresentanza rumena che vive a Castelvetrano festeggia la resurrezione di Cristo in un luogo notoriamente dedito al culto cattolico: la Chiesa di Sant’Antonio Abate.

Da alcuni anni, grazie alla concessione in comodato d’uso della curia vescovile, la chiesa è stata ceduta come luogo dove professare le sante tradizioni.

Un gesto di aggregazione forte e in grado di sopperire alle discriminazioni incalzanti. Il percorso storico dell’edificio religioso registra i suoi primi lavori sin dalla seconda metà del Quattrocento (1489) e faceva parte dell’elenco dei censi dovuti al Vescovo di Mazara del Vallo.

Si trova nell’attuale Piazza Nino Bixio. La struttura presenta una pianta a navata unica con abside rettangolare e due altari laterali per lato ricavati nello spessore murario. È inoltre presente una piccola cantoria su un arco ribassato che sovrasta il portone di ingresso. Il pavimento è in marmo policromo a disegno geometrico.
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La facciata con influssi barocchi presenta un ampio portale architravato, con trabeazione decorata con triglifi e sovrastante timpano curvilineo spezzato al cui centro trova posto una semplice finestra rettangolare. I due campanili di chiaro gusto barocco sono posti ai lati della facciata e collegati da una balaustra a colonnine in pietra arenaria. Il campanile di sinistra ospita l'orologio risalente al XVII sec.

La copertura a falda unica con manto di tegole copre la volta a botta interna di fine '800. Grazie agli studi degli storici castelvetranesi, è stato possibile ricavare alcuni passaggi di natura socio-storica di riferimento alla chiesa.

Nella prima metà del Cinquecento e per 300 anni (fino al 1870), l’ospedale di Castelvetrano fu trasferito presso alcuni locali adiacenti alla chiesa. Nel 1549, Don Carlo creò "per sollievo di poveri e miserabili persone" il Monte di Pietà.

Vennero concesse delle rendite da parte dei cittadini facoltosi a favore dei bisognosi del paese. Ad essa, fu istituita la compagnia dei Bianchi. Era formata da cittadini del primo ceto.

Si occupavano della cura degli infermi e assistenza dei miserabili condannati a morte. In quest’ultimo caso, i Bianchi partivano in processione. Erano vestiti in candido sacco e visiera e cantavano salmi della Beata Vergine. Preparavano le cerimonie per l’esecuzione del condannato a morte.

La Chiesa di Sant'Antonio Abate rappresentava la sede centrale nonché l’oratorio dove venivano prese alcune decisioni importanti.

Nel 1809, il cappellano mise in risalto la condizione precaria del tetto ligneo nella speranza di un restauro. Le sue parole non furono ascoltate e, venne demolito nonostante fosse uno dei più belli e significativi della città.

All’interno era presente un quadro raffigurante Carlo Mazzara - una delle figure più influenti del territorio castelvetranese nella prima metà dell’Ottocento. Dedicò la sua intera vita a fianco dei deboli e della gente in difficoltà.

Dal 2016, l’interno è stato modificato e adeguato alle tradizioni ortodosse. Sin dall’ingresso si percepisce un forte legame dei fedeli con la propria religione. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli è riconosciuto da tutti i vescovi come il rappresentante e il capo spirituale di tutti i cristiani ortodossi.

Un’affermazione di spiritualità intensa e sentita nelle parole professate durante le celebrazioni. In particolare, “la Santa Tradizione” incorpora i decreti dogmatici sviluppati nei sette concili ecumenici e rappresenta l’insegnamento e la guida per gli appartenenti.

In un mondo contrassegnato dalle differenze e dal razzismo, l’incontro tra due religioni e il passaggio “gentile” della Chiesa di Sant’Antonio Abate è una rara forma di uguaglianza. Una prassi che funge da esempio per tutti e riduce al minimo le difficoltà di integrazione socio-religiosa.
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