ITINERARI E LUOGHI

HomeNewsTurismoItinerari e luoghi

La lunga scalinata tra gigli e orchidee: l'escursione "ad anello" sul monte Veneretta

Una zona dal paesaggio davvero mozzafiato. Dovunque si posa lo sguardo viene ammaliato da una sfolgorante bellezza. Vi sveliamo dove si trova questo luogo

Santo Forlì
Insegnante ed escursionista
  • 15 aprile 2024

Il Monte Veneretta (Foto di Stelle e Ambiente)

Escursione ad anello sul Monte Veneretta che sovrasta Taormina. È questa una zona paesaggisticamente assai privilegiata. Dovunque si posa lo sguardo esso viene ammaliato da una sfolgorante bellezza.

Il nostro gruppo "Camminare i Peloritani il 24 marzo, dopo avere raggiunto in macchina Castelmola sopra la mitica Taormina, lasciate le auto è partito alle ore 8,45 per un’escursione ad anello che ha avuto il suo culmine sul monte Veneretta, altezza 882 s.m. Abbiamo iniziato l’ascesa su una lunga scalinata in pietra.

All’inizio ci siamo fermati un attimo per ammirare e fotografare un’aiuola con una fitta e splendida fioritura di giacinti bianchi e orchidee screziate e multicolori.

Abbiamo poi proseguito fra balzi rocciosi di candida pietra calcarea intervallati da coriacei e fibrosi ciuffi d’erba di saggina. Mentre camminavamo il nostro sguardo poteva spaziare sul vasto panorama circostante che includeva l’alta e rotondeggiante sagoma dell’Etna innevata sovrastante le verdi colline, davanti e a una certa distanza laggiù l’azzurra distesa marina col bel golfo semicircolare di Mazzarò che sembrava essersi ritagliato la sua parte di spazio per essere più riservato.
Adv
In alcuni tratti per la sua composizione rocciosa il paesaggio si presentava molto differenziato con alcune pareti che si alzavano perfettamente in verticale rispetto alla base su cui sorgevano.

Una parte sommitale assomigliava ad un rettangolo mancante solo della parte superiore, tanto da sembrare una grande balconata sul mare. Abbiamo ammirato il panorama sempre continuando a camminare.

Ad un certo punto davanti ai nostri occhi abbiamo veduto solo l’azzurro del cielo sulla vetta di un monte e ci siamo illusi che la fatica dell’ascesa volgesse al termine. Veramente il nostro capogruppo ci aveva avvertiti che c’era ancora molta strada da fare, ma siccome spesso è burlone pensavamo che scherzasse.

Invece no, quella cima prospetticamente davanti ai nostri occhi ne nascondeva delle altre, abbiamo dovuto fare un lungo percorso su delle creste montuose collocate a picco dopo vari saliscendi, prima di giungere al monte Veneretta, qui abbiamo trovato un sito decisamente più ampio e confortevole poiché costituito da un pianoro con tappeto erboso dove abbiamo fatto una breve sosta ed ammirato le tante magnifiche piante di mandragore in fioritura che con le verdi e ampie foglie disposte ai lati sembravano delle composizioni floreali già belle e pronte.

Abbiamo letto sui giornali che qualche sprovveduto ogni tanto le scambia con la borragine commestibile e ne rimane intossicato. Da qui potevamo contemplare ancora una volta, ma in modo più rilassato e con una visuale più ampia il magnifico panorama con i monti vicini rischiarati dal sole ma con i versanti aspri scoscesi e intervallati da cespugli fibrosi, mentre più in là si ergeva in tutta la sua imponenza la sagoma maestosa regolare e compatta del gigante Etna.

Dopo abbiamo intrapreso la discesa destreggiandoci per un discreto tratto fra massi di pietra da schivare allungando il passo e ciuffi di saggina anch’essi di ostacolo. Insomma cercavamo di mettere i piedi negli spazi in cui potevamo appoggiarli sulla terra bruna.

Intanto la giornata iniziata con il sole è proseguita sempre soleggiata, pure troppo, tanto che ho sentito la fronte e la faccia che iniziavano a scottarsi. Ho finito l’escursione rosso come un peperone.

Finito il cammino più a balzi che a passi finalmente abbiamo proseguito su un facile sentiero e una comoda strada. Le nostre caviglie hanno ringraziato. Da qui in avanti il paesaggio ha assunto una fisionomia decisamente splendida.

Avevamo sempre sullo sfondo il candido manto dell’Etna innevata, ma vicino a noi la nostra vista è stata allietata dal tripudio di colori di tantissime fioriture. Il bordo della strada era completamente riempito e punteggiato di fiorellini arancioni simili alle margherite ma più corposi: le calendule. Per larghi tratti c’erano siepi di rosmarino in piena candida fioritura.

Ci siamo imbattuti pure in diversi alberi di mimosa col loro giallo sfavillante. Più in alto in mezzo alla brulla terra e ai ciottoli ivi disseminati fiorivano le euforbie che spesso si raggruppavano a formare degli ampi ombrelli di un giallo più tenue e tendente al verdino.

Purtroppo sorgevano su dei terrazzamenti ormai ridotti a declivio e con i muri a secco invasi dalla terra e franati. Invece in mezzo a tanto sfacelo in una parte abbiamo notato dei rigogliosi oliveti su dei terrazzamenti perfettamente puliti e in ordine certo frutto di un recente restauro.

Nelle vicinanze abbiamo trovato un muro con su delle sculture antropomorfe di visi umani con un’aria così buffa ed accattivante che ci hanno fatto sorridere.

Al termine della nostra escursione avendo finito le scorte d’acqua a causa del caldo inaspettato, vicino al cimitero di Castelmola dove avevamo parcheggiato le macchine ci siamo dissetati ad una pubblica fontana la cui acqua era insperatamente fresca, abbiamo bevuto con avidità e l’abbiamo assaporata come se fosse l’Ambrosia il nettare degli Dei.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI