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La Sicilia (pazzesca) del Barocco: un viaggio tra le dimore nobiliari di mecenati e principi

Vi portiamo in una Sicilia romantica, se vogliamo, che riserva sorprese inaspettate e inevitabilmente ci rimanda all’iconografia del Gattopardo e dei Viceré

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 21 agosto 2023

Una delle sale nobiliari di Palazzo Nicolaci (Noto)

Un gioiello custodito nel cuore della capitale del Barocco Siciliano, in quella Noto che risuona di opulenza e profuma di nobiltà.

Stiamo parlando di Palazzo Nicolaci, uno degli esempi più splendenti del nostro panorama architettonico e artistico che dopo i restauri e l’apertura al pubblico si è ha aggiunto ad uno speciale viaggio da fare in Sicilia, quello che riguarda le dimore nobiliari di mecenati e principi, non soltanto castelli.

Un patrimonio che vale la pena conoscere, addentrarsi nelle stanze e nei saloni che raccontano fasti e costumi, luoghi abitati da fattezze e decori in legni scolpiti, stucco, oro e argento, putti e allegorie che guardano dall’alto dei soffitti affrescati.

È una Sicilia romantica, se vogliamo, che riserva sorprese inaspettate e inevitabilmente ci rimanda all’iconografia del Gattopardo e dei Viceré nella quale si consuma lo cliché della cinematografia più famosa.

Tornando al nostro palazzo dei Principi Nicolaci, dal suo recupero in poi è tornato ad essere un simbolo del centro netino, progettato da Rosario Gagliardi distribuito niente di meno che su novanta stanze in totale.
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L’ala principale è stata acquistata dal Comune di Noto è completamente recuperata grazie ai restauri della Soprintendenza ai Beni Culturali di Siracusa, per recuperare e ripristinare gli appartamenti, dai pavimenti, ai dipinti e affreschi di tutti gli ambienti del piano nobile.

L’esterno del palazzo ha una facciata monumentale che mostra due imponenti colonne in stile ionico sopra le quali si affaccia una vistosa balconata barocca, l’ampio portale, mentre a correre sulla facciata troviamo la sequenza di balconi in pietra scolpita con le allegoriche sembianze di ippogrifi, cavalli, sirene, leoni, sfingi, e angeli che fanno capolino da sotto le inferriate petto d’oca: una scenografia pazzesca che sembra un libro di favole che si distribuisce in orizzontale.

La costruzione si articola su quattro piani, l’area accessibile e aperta al pubblico è quella del piano nobile al quale si accede dallo scalone ottocentesco arricchito e decorato in finto marmo che in realtà è stucco.

Il piano "dammusato" era delle scuderie e dei magazzini dei generi alimentari, l’abitazione del barone Giacomo Nicolaci era al primo piano detto “mediastino”, mentre il piano superiore era adibito a residenza dei familiari; l’ultimo piano, ovvero il sottotetto, era adibito ad alloggio della servitù.

La prima sala, ovvero la Sala del Tè, è tipica del tempo con le decorazioni in stile orientale, dette "cineserie", molto in voga, soprattutto, per gli ambienti più intimi in un epoca nella quale i viaggi in oriente riportavano bellissime iconografie che diventarono di gran moda nei palazzi.

Al centro del soffitto del grande salone delle feste campeggia un Apollo sul suo carro che insegue l’Aurora, una allegoria copia dell’originale di Guido Reni, dentro un ambiente decorato con un bellissimo “Trompe I’oeil” , una finta balaustra sovrastata da colonne laterali.

La visita guidata prosegue passando una serie di sale e saloni arredati con mobili ottocenteschi di varia provenienza europea, che suggeriscono le atmosfere dell’epoca dei secoli scorsi, immaginando gli abitanti di questo immenso scrigno di bellezza e arte, la vita agiata, i balli e gli eventi, dame in abiti sfavillanti e signori in marsine e tricorno.

Una parte del palazzo è occupata dalla preziosa e antica Biblioteca Comunale, dove si trovano migliaia di volumi, manoscritti latini e i lingua spagnola, la galleria dei ritratti degli uomini illustri di Noto, dono del barone Astuto.

Ci trasferiamo poi a Ragusa, altro luogo gioiello del panorama architettonico, una scenografia a cielo aperto sotto l’azzurro estivo: andiamo a Palazzo Zacco dimora nobiliare dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.

All’interno è allestito il Museo del Tempo Contadino con una collezione ricca di oggetti, attrezzi ed utensili che afferiscono alle mansioni delle tradizioni contadine come quella usate per l’aratura e la semina, la preparazione del pane, della ricotta e dei formaggi.

Sono anche raccontati i lavori di artigianato tessile della tradizione femminile: il confezionamento di preziosi sfilati e merletti.

I suoi balconi sono gli elementi più interessanti con le decorazioni e i mascheroni grotteschi: sul prospetto tre balconi con inferriate a petto d’oca e due balconi laterali che presentano raffigurazioni di musici che si mescolano a volti grotteschi e raffigurazioni antropomorfe.

Costruito nella seconda metà del Settecento mette in mostra i suoi balconi popolati della figure grottesche antropomorfe che sembrano osservare i passanti, mentre nel suo ventre ospita il Museo del Tempo Contadino e la “Raccolta Civica Carmelo Cappello”.

Un edificio di pianta quadrangolare posto all’incrocio tra Via San Vito e Corso Vittorio Veneto, al quale si accede da un portale di ingresso elegante con ai lati due colonne con capitelli corinzi e il tipico balcone centrale monumentale, all’interno le stanze hanno particolare pavimentazione della “in pietra pece” e le volte a botte e a vela decorate con deliziosi stucchi.

Una curiosità è che Inizialmente venne costruito come dimora di campagna dei Baroni di Melfi di Sant’Antonio, successivamente venne acquistato dalla famiglia Zacco.

Nell’angolo di incrocio è visibile ancora il grande stemma della famiglia Melfi, contornato da una cornice di acanto dalla quale vien fuori un puttino.

Una delle originalità è sulla mensola centrale del balcone laterale destro, dove un musico suona delle maracas mentre il mascherone rivolto con lo sguardo all’esterno ai passanti, ha una espressione burlesca come di scherno per chi lo osserva.

Anche sul prospetto laterale sono presenti tre balconi, tra cui spicca quello centrale, dalle cui mensole si raffigurano una sirena e suonatori di flauto e di tromba, nella parte del timpano invece, è presente la statua di S. Michele Arcangelo.

All’interno del palazzo è esposta anche la "Raccolta Civica Carmelo Cappello", composta da 15 sculture e 20 opere grafiche dell’artista ragusano.
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