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Giochi di specchi nei dipinti di Modica

  • 10 maggio 2005

Fra ambienti dilatati in un gioco di riflessi, fra azzurri di cielo e mare, fra realtà e visione, si snoda il percorso espositivo della ricca antologica di Giuseppe Modica, in corso a Palermo fino al 5 giugno al Loggiato San Bartolomeo, in corso Vittorio Emanuele 25 (dal martedì al sabato ore 16.30/19.30; la domenica ore 10 /13; ingresso gratuito), dal titolo “Modica. L’enigma del tempo e l’alchimia della luce”, organizzata da “Eidos”, curata da Aldo Gerbino e promossa dalla Provincia. In mostra 45 opere del pittore originario di Mazara del Vallo e romano d’adozione, oli su tavola o tela dal 1989 al 2005. Non si liquida con una rapida occhiata un dipinto di Modica. Certo, ogni immagine contiene in sé delle “qualità” che determinano una durata di fruizione, e quanto più un’opera riesce a “trattenere”, tanto più l’esperienza del vedere si fa ricca, l’umore è condizionato, l’occhio si lascia avvolgere da un’aura specifica e totalizzante.

Con Modica la sosta si prolunga in una comprensione graduale delle pitture. Primo impatto: un soggetto riconoscibile – quasi ovunque la natura, la coste e le città siciliane- armonia formale e cromatica, e una luce che fondendosi con il colore “costruisce” la rappresentazione. La stessa atmosfera, irradiata da bagliori diurni o tremula in tenui accensioni notturne, ha sostanza quanto la materia. Poco dopo, l’illusione è svelata: l’immagine è del tutto o in parte un riflesso su specchio, è combinazione fra interni ed esterni, è sovrapposizione del riflesso sul reale, è visione al di là di un vetro. Se nelle opere di fine anni ’80 la presenza di uno specchio consente di dilatare uno spazio rappresentato, negli oli degli anni ’90 l’interazione fra immagini riflesse e il dato reale progressivamente si approfondisce fino ad una vera compenetrazione fra i due elementi, come nella tela “Compenetrazione -visione (salina)” del 1999. Lo spazio, nel suo moltiplicarsi, ci ingloba senza rendere conto della nostra presenza, ma soprattutto condensa paradossalmente la pregnanza di una realtà inequivocabile e l’ambiguità, l’inconsistenza dell’immagine riflessa. La figurazione è costruita così parzialmente o totalmente su soggetti “assenti” in quanto ipotizzati al di là della superficie del dipinto: un tiro mancino alle certezze di un primo approccio, anche se in alcune opere il gioco è più scoperto, e immagini speculari condividono uno stesso spazio.

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Ancora sovrapposizione fra reale e riflesso nei recenti lavori “Luci nella notte (inseguire la pittura)”, “Finestra orizzontale -notturno”, “Il giorno lungo n. 1”, giocata adesso sul “filtro” fra interno ed esterno, ovvero su alte vetrate, ma da una prospettiva esclusivamente interna. Qui il colore si fa più carezzevole fino a diventare calda condensazione di una visione ne “Le bagnanti” del 2005. C’è fissità e silenzio nei dipinti di Modica, e il tempo stesso è il tempo della visione, quella visione che ci è concessa nella dimensione della memoria. Talora le scrostature degli intonaci, l’usura del tempo sulla materia, rafforzano la neutralità di un passato senza volto, senza età specifica: un qualunque attimo di vita bloccato in una sostanza impalpabile come un riflesso, nella poesia di un equilibrio che continuamente può ricrearsi e che il pittore immortala in immagini classicamente armoniose.

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