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Non si esce vivi dagli anni ottanta

  • 9 ottobre 2006

Francesco Recami nella sua ultima pubblicazione, “L’errore di Platini” (Sellerio editore, 2006, euro 12,00) ci narra di una coppia né ricca né povera, della loro figlia cerebrolesa, dei fatui anni ottanta, dell’invidia umana, di un colpo di fortuna e dell’inevitabile epilogo. Il lungo racconto è ambientato a Viareggio, in una Versilia provinciale che però d’estate diventa il centro del mondo e della “bella gente”. Gianni che fa l’agente di commercio e sua moglie Sabrina, casalinga con un passato da “Miss Simpatia Domani”, sono una coppia classicamente normale, di quelle che si inebetiscono di tv e devono stare attente a non strafare per arrivare alla fine del mese. Per di più, la sfortuna li ha colpiti dando loro una figlia con problemi psichici.

Vivono in una casa ammobiliata e hanno delle difficoltà oggettive, non possono considerarsi felici, ma nonostante la condizione sociale e la sciagura della figlia non si trovano neanche sull’orlo dell’infelicità. Poi accade, che in una domenica come tante, in una partita come tante, una star del pallone e dei media degli anni ottanta come Platini sbagli un passaggio provocando la rete degli avversari, e che la Juventus perda in casa provocando un tredici milionario. Gianni e Sabrina hanno per le mani il tredici del totocalcio, una bella cifra ma non tale da far loro cambiare vita, ma tutto cambia lo stesso. Per i due nascono i problemi. Cosa fare e cosa non fare con quattrocentonovantamilioni? La casa? La Mercedes per Gianni? La Golf per Sabrina? Aprire un negozio? I due cominciano a discutere e soprattutto a litigare e insultarsi, e a rinfacciarsi la vincita.
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Marina, la figlia, chiamata fra il serio e il faceto “piantina”, diventa un orpello fastidioso di cui disfarsi, per cui pensano di rinchiuderla in un istituto o fare dell’altro. Gianni e Sabrina sono cambiati, sono diventati egoisti, sognano di essere diversi dalla gente comune e vicini a poter emulare le star che appaiono sul piccolo schermo o sui giornali di gossip, e come non bastasse, attorno a loro cominciano a gravitare personaggi strani. Sullo sfondo di “L’errore di Platini”, come detto prima, ci sono i bulimici anni ottanta, con facce e immagini: Krizia, Zuzzurro e Gaspare, il Psi, Moschino, Carmen Russo, l’edonismo galoppante, D’Agostino, Trussardi, il villaggio Valtur, gli Wham!, Joan Collins, Capital e altro ancora.

La scrittura di Francesco Recami che non è né alta né particolare, e la cui caratteristica principale è quella di lanciare immagini significative che la nostra memoria riconosce d’acchito, ci racconta una storia che ha parecchi momenti drammatici. Il libro, facile da leggere, è narrativamente composto in modo chiaro e algido, alla maniera dei minimalisti americani, anche se non raggiunge quelle vette di letteratura. Il racconto è bello per il suo valore sociale ed è assolutamente attuale nonostante sia stato scritto negli anni ottanta, ma alla fine si ha la sensazione che un po’ tutto sia accennato e che alcune parti della storia andrebbero approfondite.

Le ultime due pagine, inoltre, non aggiungono alcunché né al senso né alla trama della storia. Citiamo, adesso, poche righe rappresentative del testo di Recami, che sembra ammonirci sui guasti e sui corto circuiti che la nostra società continua a generare, e pare dirci che, appunto, dagli anni ottanta, non siamo ancora usciti: «Teneva sempre gli occhiali da sole, perché gli occhiali da sole sono connessi alla celebrità e all’indifferenza, e ai loro surrogati. Sabrina pensava che tutti quelli che incontrava o che la guardavano dagli ombrelloni vicini la spiassero, fossero curiosi di conoscere le pieghe più succulente della sua vita. Era vero. Ma in questo ruolo Sabrina si piaceva, si sentiva in un certo senso più affascinante».
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