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"Racconti": storie di vita di Sergio Nuzzo

Finali aperti, descrizioni poco dettagliate, tecniche di straniamento e del giallo, ma anche torie di ossessioni, manie, amore, vizi: tutto però, senza buonismi

  • 6 marzo 2009

Dopo le presentazioni a Roma e Milano un giovane scrittore palermitano torna a proporre il suo ultimo lavoro, nella sua città. Sergio Nuzzo inizia giovanissimo a lavorare nell’ambito del giornalismo, della produzione multimediale, dello spettacolo. Fino al momento in cui sceglie di combinare l’amore per la scrittura con la passione per l’inventiva. Da questa unione nasce “Racconti” edito da Il Filo Srl (in vendita presso tutte le librerie a 13 euro).

Un volumetto di 72 pagine, dallo stile incisivo scorrevole che sviluppa le storie di sette personaggi alle prese con le difficoltà della vita in un contesto contemporaneo. «Non voglio risultare pessimista - spiega Sergio Nuzzo - mi limito a descrivere e a scrivere ciò che mi piacerebbe leggere, aggirando il rischio della retorica e lasciando al lettore spazio all’immaginazione. Ciò avviene mediante finali aperti, descrizioni fisiche e degli ambienti volutamente poco dettagliate, tecniche di straniamento e del giallo, interventi del caso, colpi di scena».

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E se l’autore sfugge l’happy handing non mancano le emozioni: storie di ossessioni, manie, amore, vizi, “l’archivio di un mondo mentale che alterna le sollecitazioni della vita di ogni giorno e una sorta di metafisica interiore”, come spiega il professor Tomasino (Docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo). Reduce da plurimi riconoscimenti nel campo del teatro e prossimo ad un progetto televisivo, Nuzzo sta lavorando all’adattamento cinematografico di “Cambiare” (il più lungo tra i racconti pubblicati).

«C’è spessore nella sintesi dei personaggi - dice il professor Rino Schembri (Docente di Storia e Critica del Cinema) - essi appaiono come senza volto, virtuali, ma sapientemente elaborati come da un ricordo, ciò mi ricorda l’istanza critica del grande teorico postmodernista, Jean Baudrillard». Non sosteneva forse anche Luigi Pirandello che siamo anche ciò che gli altri ricordano di noi? "La riflessione sull’individuo e sulla contemporaneità conduce spesso all’incomunicabilità e alla negazione dell’altro, che diviene odio, dell’altro e di sè", come sostiene la dottoressa Giulia Raciti.

«Sembra che i protagonisti di queste storie - aggiunge il professor Tomasino - si siano raccontati all’autore, che li racconta a sua volta. Questa tecnica mi ricorda l’Aleph di Jorge Luis Borges. Il grande scrittore argentino, attraverso i suoi racconti, infatti, indaga il mistero dell’esistenza dell’individuo. L’unico riscatto dall’incomprensibile, dall’oblio, è possibile solo nell’esperienza vitale di ciascuno. Ne “La Flora e il Fauno”, uno dei racconti, scrive Sergio Nuzzo: “Della morte non bisogna aver paura. È da temere piuttosto la vita se la si percorre senza emozioni per il timore di farsi del male”».

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