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Womad, world music ma non solo

  • 8 luglio 2006

Sarà ancora una volta la Sicilia, precisamente Taormina, per il quarto anno consecutivo, ad ospitare l’unica tappa italiana del Womad, rassegna itinerante di musiche del mondo voluta dall’ex Genesis Peter Gabriel e Thomas Brooman, giunta alle nozze d’argento. All’interno dell’affascinante teatro Greco della cittadina ionica, dal 14 al 16 luglio si esibiranno artisti pronti a creare un autentico girotondo musicale nel nome della "world music" (il costo dei biglietti varia dai 20 a 35 euro, prevendite nel circuito Ticketone; informazioni ai telefoni 0942628730 e 094221142).

La manifestazione negli ultimi anni ha perduto in parte il fascino rigorosamente "etnofolk" per concedere all’interno della sua line-up anche nomi di cartello, con un parco musicisti sensibilmente ridotto rispetto al Womad di Rivermead o al corrispettivo iberico, in terra di Caceres. Che sia una rassegna di musiche dal mondo è indubbio, ma i grandi nomi in cartellone rischiano di relegare al ruolo di "apripista" le sperimentazioni sonore provenienti da luoghi esotici e musicalmente poco conosciuti: dalla Cina al Burundi, passando per il Sudafrica, Capo Verde e Messico. Niente "ispirazioni alla Seattle anni novanta", si spera. A quelle penserà il nome più atteso e fuori luogo dell’intera rassegna: la cantantessa Carmen Consoli, sabato 15 luglio, pronta a sfoderare i nuovi brani dell’ultimo "Eva contro Eva". Una partita in casa, quella che la star "Mediamente Isterica" giocherà di fronte al suo pubblico: da "Signor Tentenna" a "Confusa e Felice", auspicando un accenno alla sua versione di "Vitti ’na crozza", giusto per glassare il rock impertinente della cantautrice etnea con un pizzico di "world music". Ma se la presenza della Consoli può apparire avulsa dal contesto, preme sottolineare che l’artista è stata recentemente nominata "Goodwill Ambassador" dall’Unicef, per sensibilizzare con la musica il sostegno per i piccoli malati di AIDS.

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Con lei saliranno sul palco la coreana Ahn Sook Sun, acclamata interprete dell’opera "folk p’ansori", struggente ed evocativo insieme di teatro e musica tradizionale, e la capoverdiana Cesaria Evora da Midelo. "Cize" Evora è la stella della "morna", stile musicale che unisce gli elementi percussivi dell’Africa occidentale con il fado portoghese, canti di mare britannici e musica brasiliana. Una mescolanza di generi "world" perfettamente interpretati da questa straordinaria artista, giunta al successo dopo tante porte insonorizzate discretamente chiuse in faccia. Impiegherà 47 anni di vita per veder pubblicato il primo album, "La Diva aux pieds nus"; molti di meno per diventare musa ispiratrice di Caetano Veloso, assunta da Goran Bregovic alla causa sonora di "Underground". Altro concerto molto atteso è quello dei Simple Minds, domenica 16 luglio capitanati dal carismatico Jim Kerr. Una band nata e cresciuta all’insegna del "new romantic style", ma che ha sposato ben presto la causa sociale e politica, aggiungendo al mosaico musicale "british" tessuti sonori di matrice etnofolcloristica, accompagnati da testi impegnativi e di denuncia: la band scozzese si esibisce negli stessi giorni al teatro di Verdura di Palermo (al cui articolo si rinvia per un maggiore approfondimento WWW.BAL). Sempre la stessa sera si esibiranno Rodrigo y Gabriela, virtuoso duo chitarristico messicano con il "vizio" della provocazione acustica e di ricerca, e lo spettacolare tocco ai fiati del cinese Guo Yue, flautista (suona quindici diversi tipi di flauto in bamboo), eclettico e valido polistrumentista scoperto da Peter Gabriel che lo ha arruolato alla sua etichetta Real World. Già compositore di alcuni interventi sonori per "L’ultimo imperatore" di Bertolucci, Yue porta con sé il fascino esotico di un oriente ormai occidentalizzato e rumoroso, ipnotizzando con i suoi suoni incredibilmente veri e puri.

Ma la saga delle star è prevista sin dall’apertura della tre giorni targata Womad. Venerdì 14 luglio, infatti, salirà sul palco dell’Anfiteatro Jimmy Cliff. Di scena, fuori e sopra il palco è d’obbligo, il cappello rasta, per uno dei pionieri dello ska jamaicano, fratello maggiore di una serie d’artisti che hanno conosciuto platee e tributi più universali, Bob Marley su tutti. Di Jimmy Cliff, oggi alle porte delle sessanta primavere, si dice spesso che solo non essere morto da mito lo ha privato del giusto consenso internazionale. Le sue affascinanti incursioni nei classici del levare caraibico hanno tutto il diritto di essere annoverate tra il meglio che la Giamaica sonora abbia prodotto negli ultimi anni. Nel ’72 Perry Henzel lo vuole per la sua opera prima (e ultima) "The Harder They Come", in cui Cliff interpreta Ivanhoe Martin, squattrinato di provincia con il sogno di cantare, che diventa omicida, ricercato e osannato dagli oppressi. Cliff firma la colonna sonora di quello che diventerà un film "cult" nel Centro e Sud America, mentre brani come "Many river to cross" e "The harder they come" incontreranno i favori del pubblico. Cliff dividerà il palco con due esponenti di punta della world music internazionale. Il primo è Sam Tshabalala, artista di straordinaria bravura che ha dimostrato nella sua trentennale carriera tutto l’amore per il suo Sud Africa, nonostante i prolungati esili in giro per la Francia e gli Stati Uniti. Nel ’78 fa parte dei Malopoets, prima formazione di colore ad esibirsi al Market Theatre di Johannesburg. Durante i lunghi e tumultuosi anni di guerre civili e Apartheid, Tshabalala ha trasposto in pentagramma tutta la rabbia per le ingiustizie civili, trasformandole in veri e propri inni alla vita e alla speranza, spaziando tra la musica della sua terra ed influenze funk e jazz. Terzi e ultimi artisti, i Drummers of Burundi: percussionisti e ballerini che utilizzano tecniche esecutive a metà strada tra il rito e il mito.

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