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Qui si rifugiavano i briganti palermitani: c'è una grotta immersa in un bosco di betulle

Scopriamo la leggenda da cui deriva il nome che sembra tratto da un film di Bud Spencer e Terence Hill. E iniziamo col dirvi che no, non si trova a Palermo

  • 17 dicembre 2021

Grotta dei ladroni sull'Etna (particolare della foto di Nicolò Cavallaro)

Sono tanti i luoghi misteriosi più o meno conosciuti in Sicilia, luoghi di cui spesso gli stessi siciliani ignorano l'esistenza. Questo articolo è dedicato alla Grotta dei Ladroni, un rifugio dal nome curioso che si trova sull'Etna, a 1550 metri di altezza.

Se si vuole visitare la Grotta, bisogna arrivare in un bosco di betulle nel territorio di Sant’Alfio, a pochi chilometri dai Monti Sartorius. La Grotta dei Ladroni è una piccola galleria lavica che si trova nei pressi del Rifugio Citelli e prende il nome da una leggenda che affonda le sue radici nel XVIII secolo e riguarda gli avvenimenti di un gruppo di banditi.

La grotta viene anche definita ''Grotta della neve'', perché veniva utilizzata come neviera. La cavitá, nota già da diversi secoli, venne topografata e descritta nel 1988 dal CSE ed inserita nel catasto regionale. Scopriamo la leggenda da cui deriva il nome che sembra tratto da un film di Bud Spencer e Terence Hill.
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Si dice che la grotta sia stata utilizzata nella seconda metá del XVIII secolo come rifugio da una banda di briganti che imperversava in quella zona. I quattro briganti con grande probabilità provenivano da Palermo ed erano abbastanza sfortunati nelle loro imprese criminali. Avevano, insomma, una sorta di nuvoletta di Fantozzi sulla testa che faceva pendant con la bruna cenere dell'Etna.

La banda di malintenzionati avrebbe dotato la grotta di diversi accorgimenti che ancora oggi si possono ammirare. La grotta ha due ingressi, in tal modo era più semplice nascondersi e controllare eventuali movimenti 'sospetti'. Uno dei due ingressi è caratterizzato da una scalinata e una decina di gradini intagliati nella roccia; l'altro ingresso è una specie di scivolo artificiale che, secondo la leggenda popolare, era utilizzato per permettere anche agli animali (cavalli e muli) di entrare.

Un particolare molto interessante è la presenza di tre pozzi che mettono in comunicazione la grotta con la superficie del terreno, ogni pozzo dista dall'altro nove metri e sono profondi rispettivamente 11, 9 e 6 metri. I pozzi e lo scivolo furono realizzati alla fine del 1700, come suggerisce una data (1776) incisa sull'architrave che sovrasta l'ingresso.

Per quale motivo avrebbero realizzato questa specie di trincea? Per quale motivo si sarebbero dotati di questa strana fortezza sotterranea così ben costruita? La leggenda vuole che i briganti, durante inseguimenti e scorribande che nemmeno nel far west, facessero cadere il bottino dentro ai pozzi, così da poterlo recuperare successivamente.

Detto tra noi, dei banditi che provenendo da Palermo decidono di rifugiarsi sull'Etna, dall'altra parte dell'Isola, qualche rotella fuori posto dovevano averla per forza, anche se i loro cavalli dovevano essere sicuramente più veloci dei nostri treni. Evidentemente nella zona della Conca d'Oro non avevano più nulla da ''rubare'' e hanno pensato bene di fare una trasferta a Oriente.

Si tratta di un racconto a metà tra la leggenda e la storia, che sembra non trovare una soluzione univoca ma che probabilmente nasconde qualche accenno di verità. Potrebbe trattarsi anche di un rifugio messo a punto da persone che lavoravano da quelle parti, cacciatori, pastori o ''nivaroli'', che usavano il rifugio come ''neviera'', quella cavità che serviva a conservare la neve per i periodi più caldi.

Ad ogni modo, attorno alla grotta ci sono resti di muretti, costruzioni e terrazzamenti, utilizzati da contadini e pastori etnei. Quale sia la vera origine della grotta non possiamo dirlo con certezza, ma senza dubbio è stata utilizzata da lavoratori e da briganti, e ancora oggi è una meta a cui vale la pena dedicare un' escursione.
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