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Ricchezze incantate e incantesimi da sciogliere: cosa sono le "truvature" siciliane

Di queste racconti è piena la nostra tradizione, come la Sicilia è piena di tesori di cui spesso neanche ci accorgiamo. Eccone alcuni che percorrono la Sicilia da est a ovest

  • 21 dicembre 2020

Di pirati, tesori nascosti e cacce per scovarli è piena la nostra infanzia, ma probabilmente ciò che non sapevamo da piccoli è che anche in Sicilia, grazie alla fantasia popolare, circolano parecchie storie di ricchezze incantate e incantesimi da sciogliere, risalenti al dominio arabo e arrivate a noi di bocca in bocca, di fiato in fiato.

Storie di “truvature”.

Il termine “truvatura” indica, per l’appunto, il “ritrovamento” di un tesoro nascosto da molto tempo e ormai da tutti dimenticato. È noto, infatti, che la nostra bellissima isola, fra un’invasione e l’altra, fu soggetta a spoliazioni ed espropri, e così i siciliani si abituarono a nascondere le proprie fortune nei luoghi più disparati per difenderle dai predoni o dai dominatori di turno.

Secondo le antiche credenze, queste ricchezze erano legate a incantesimi e magie. Spesso venivano rivelate in sogno da un parente morto oppure dalle fate, che confidavano il posto dove trovarle e il rituale magico da seguire per appropriarsene.
Ma c’è di più. A “spignari l’incantesimo” (“togliere l’incantesimo”) poteva essere soltanto la persona indicata in sogno, il segreto non doveva essere svelato a nessuno e, in genere, l’impresa doveva essere condotta a mezzanotte con la luna piena.
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Bando alle ciance, mettiamoci alla ricerca del tesoro che non c’è! No, non bisogna seguire la “seconda stella a destra e dritti fino al mattino”, ma le indicazioni delle “truvature” più famose, percorrendo la Sicilia da est a ovest. Eccone alcune.

Ad Acireale, ad esempio, ne esiste una presso la chiesetta della Grazia. Narra la leggenda che, nascosta da una grossissima pietra, ci sarebbe la “truvatura da sarpa”. Per scovare il tesoro bisogna sedersi sulla pietra e mangiare una salpa cruda bevendo una quartara di vino. A quanto pare, una volta un uomo ci provò: quando gli mancavano gli ultimi bocconi del pesce e l’ultimo sorso di vino, però, dalla pietra uscirono alcuni folletti che cominciarono a prenderlo in giro.

L’uomo continuò imperterrito a bere e mangiare, ma presto sbucò fuori un serpente. Per la paura, allora, invocò la Madonna e dal cielo caddero dei fulmini, che lo colpirono sbalzandolo lontano dalla pietra. Tutto sparì e l’uomo non scovò mai il tesoro.

Anche Monreale ha la sua “truvatura”. In una grotta presso il Feudo Disisa ci sarebbero, infatti, talmente tante monete d’oro e d’argento da rendere florida tutta la Sicilia. Il tesoro è incustodito, chiunque perciò potrebbe impossessarsene. Nessuno, però, inutile dirlo, vi è riuscito: chiunque in passato abbia tentato l’impresa, infatti, non ha mai trovato la via d’uscita ed è rimasto bloccato nella grotta fino a quando non ha svuotato completamente le tasche del bottino.

Dicono, in realtà, che un modo per appropriarsi del tesoro ci sarebbe. Conoscete tre persone di nome “Santi Turrisi” provenienti da tre località differenti? Bene, portatele lì dentro e fate loro mangiare le interiora di una giumenta di colore bianco. Sembra facile ma non lo è perché, piccolo particolare, alla fine si dovrebbero uccidere anche i tre Santi: solo così si potrebbe intascare il tesoro.

Non poteva mancare l’entroterra siculo all’appello, ecco quindi che anche lì la leggenda racconta di un tesoro inespugnabile. Non molto lontano da Villalba, paesino in provincia di Caltanissetta, si trova infatti una roccia alta e misteriosa conosciuta come “Pizzo di Lauro”. Si dice che chi riuscisse a compiere l’ardua impresa di arrivare in cima diventerebbe il più ricco del mondo e anche il più felice, perché oltre ad arricchir se stesso arricchirebbe tutto il paese.

A quanto pare, c’è chi ha provato ma purtroppo è sempre andata male: più di un temerario, infatti, arrivato a metà strada, è precipitato nel burrone sottostante. Chi tenta di scalare la roccia sente le voce dei trapassati che gridano con voce angosciata: "Pizzu di Lauro, pri la to ricchizza nni perdemu la vita e la salvizza” (“Pizzo di Lauro, per la tua ricchezza abbiamo perduto la vita e la salvezza”).

Il giorno in cui qualche impavido riuscirà a conquistare la vetta, le povere anime condannate saranno liberate e il coraggioso diventerà ricchissimo. Di questi racconti è piena la nostra tradizione, come d’altronde la Sicilia è piena di tesori di cui
spesso neanche ci accorgiamo.

Leggende o meno, fantasia o realtà, infatti, quel che è sicuro è che la nostra stessa isola è una “truvatura” da scoprire e non è neanche "invisibile agli occhi".
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