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Senza filtri, perbenismi, censure: "Fango" è una mostra di sette artisti in rivoluzione

Undici opere di sette artisti mostrano una realtà priva di filtri: "Fango" è la mostra che fino al 28 dicembre è allestita allo Spazio Rivoluzione di Palermo

  • 20 dicembre 2018

Una delle undici opere di "Fango"

Dirompente come una cascata, un torrente, una valanga. “Fango” il collettivo di artisti che ha fatto della ricerca sui temi politici e sociali la propria cifra stilistica, arriva in città con la sua forza creativa e contestataria per suscitare una riflessione priva di ipocrisia sulla società contemporanea.

Franko B, esponente di spicco della Body art negli anni Novanta, il peruviano Jota Castro, Calixto Ramírez arrivato per la prima volta in Sicilia dal Messico, Santiago Sierra, Mario Consiglio e Sandro Mele, sono gli artisti italiani e stranieri, invitati da Adalberto Abbate, a confrontarsi su una ricerca comune centrata su tematiche di respiro globale, in cui politica impegno collettivo e resistenza individuale si uniscono a violente denunce e a disincantate illusioni.

In questo scenario lo studio che li ospita, lo Spazio Rivoluzione (piazza Rivoluzione 9) fondato dall’artista palermitano e attivo dallo scorso mese di settembre in piazza Rivoluzione 9, a due passi dal genius loci emblema di riscatto e di libertà, è il luogo ideale simbolico e storicamente potente che ancora oggi ci parla di ribellione e di un anelito alla giustizia sociale.
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Le undici opere esposte mostrano una realtà priva di filtri, in cui le prevaricazioni politico-economiche svelano il loro volto senza censure e inutili perbenismi.

Come per esempio nella fotografia e nella scultura di Abbate che mostra un quotidiano violato in modo quasi naturale dalla guerra «Il fango ricopre i paesaggi, le memorie collettive e le verità».

È il fango della corruzione, dei voti di scambio, dei rapporti tra mafie, dell’economia e della politica, della violenza e degli appalti truccati.

«È quel fango che smotta e fa cadere il cemento impoverito dei ponti, delle abitazioni, delle scuole e delle autostrade. È il fango che impantana il giornalismo e la cultura di rottura - spiega Adalberto Abbate - l’unica possibile reazione è il non cedere alle trame del potere e alle false architetture del sapere. Bisogna fare del fango la sola cronaca della distruzione».

Per il collettivo “tornare al fango”, significa riappropriarsi di una potente libertà creatrice, allontanandosi dalle imposizione di rigidi schemi.

La mostra, visitabile a ingresso gratuito fino al 28 dicembre (tutti i venerdì dalle 16.00 alle 19.00), rappresenta il “volume numero uno” di un progetto concepito come itinerante e pertanto destinato ad approdare in nuove città. Una delle prossime mete, come anticipa Abbate, sarà Berlino, la città del melting pot culturale della Mitteleuropa.
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