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Strano ma vero, nella Sicilia del Novecento: qui sull'asino c'era il "bollo" come per l'auto

Vi raccontiamo di un documento che si potrebbe considerare a tutti gli effetti un arcaico esempio di libretto di circolazione, e non di un’auto, bensì di uno "scecco"

Sara Abello
Giornalista
  • 2 agosto 2023

Lo "scecco"

Se anche voi di recente siete stati vittima della chiamata del postino, anzi della suonata, con tanto di bustone dell’agenzia delle entrate che richiede il pagamento del bollo auto, sospeso in fase covid ma che adesso vi viene a cercare puntuale, so già che pensiero avete formulato...vi siete trovati sicuramente a rimpiangere i bei tempi in cui il mezzo di trasporto era il cavallo o il mulo, vero?!

Poi c’è anche chi dirà di no, sapendo bene di mentire. Sto per darvi una brutta notizia però, vi avverto. Sì, perchè neanche prima era tutto rose e fiori come ci piace sempre credere. Proprio di recente ho scoperto, da un racconto casuale come sempre avviene per le notizie più insolite e succulente, che anche con i mezzi di trasporto e, soprattutto di lavoro, di un tempo, c’era una certa burocrazia da seguire.

In fondo, nostro malgrado, noi non siamo altro che figli di quegli iter, rivisitati e corretti, del passato. Oggi poi ovviamente si è tutto esasperato perchè a noi gente moderna le complicazioni piacciono tanto...ma quella è un’altra storia.
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Tornando al nocciolo della questione però, vi parlavo prima del bollo auto...e cos’è se non una tassa sul possesso di un veicolo? Per dirla in maniera semplificata chiaramente. Vi anticipavo già che mi sono imbattuta in una cosa strana, che ha effettivamente un suo legame col bollo e non solo.

Trattasi di un documento che si potrebbe considerare a tutti gli effetti un arcaico esempio di libretto di circolazione, e non di un’auto, bensì di un asino.

Del resto, con quello ci si spostava per lo più nel 1914, anno di questo atto, per lavorare e trasportare merci tra i campi. Il protagonista di questo documento era proprio un armaluzzo nato nel 1912, aveva quindi appena due anni al momento della registrazione, e ci viene descritto per filo e per segno con il suo manto morello che, pur non essendo esperta, credo significhi "scuruliddu".

Dettagli che ce lo vogliono rendere quasi riconoscibile, come i vecchi “segni particolari” della carta d’identità.

Poi purtroppo non vi son altri cenni che ce lo facciano immaginare, nemmeno il nome. Chissà quale sarà stato il suo. Il documento, “firmato” da dichiarante analfabeta, è controfirmato niente meno che da un “Brigadiere a piedi”, che differiva da quello a cavallo sia per mezzo che per paga.

Il tutto avveniva presso il comune di Trabia, nel circondario di Termini, come viene specificato, ed altro non è che la richiesta da parte del proprietario del “mezzo” di iscrizione sui registri del bestiame di quella giurisdizione, in base alle norme all’epoca vigenti.

Non paghi dell’insieme di dettagli che potessero in qualche maniera identificare l’asino, vengono subito dopo elencati anche i due proprietari precedenti che ne hanno, di fatto, costituito la storia.

In pratica, passaggi vari di proprietà e libretto di circolazione, due in uno. Loro sì che sapevano snellire la burocrazia! Anche oggi, se ci pensate bene, gli animali vengono registrati e microchippati, con finalità sicuramente differenti rispetto al passato indubbiamente. Esiste persino l’anagrafe per gli animali d’affezione, poi quanti ve ne siano davvero registrati non è dato sapersi.

Certo è che si tenta di compiere un controllo in materia. Ciò che stupisce è come un animale, in quanto essere vivente, sebbene la sua funzione fosse quella di un comune mezzo di trasporto, umano o di merci, potesse essere assimilato ad un auto o una moto.

Va da sè che se a leggere fosse il famoso brigadiere a piedi, avrebbe chiaramente da ridire, perchè in fondo sono i nostri mezzi di trasporto ad esser figli dei loro "scecchi".

Si fa presto a prendersela col politico di turno che ci complica la vita con lungaggini burocratiche e tasse su tasse, eppure nonostante tutto, continua ad esser forte in noi l’idea che «si stava meglio quando si stava peggio».

Del resto è vero che si va avanti, ma ogni cosa ha delle radici talmente salde nel passato che nessuno ha inventato nulla.

Prima il libretto di circolazione era sugli asini, oggi sulle automobili, domani sarà forse sui monopattini o su qualsiasi altra diavoleria useremo per spostarci da un punto all’altro. Il problema è che si continuerà a pagare e, conseguentemente, a lamentarsi.
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