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Tornano in Sicilia per scoprire chi sono: due cugini e il richiamo delle radici (dopo 100 anni)

Una grande festa organizzata in un piccolo paese di nemmeno 8000 anime incastonato fra le alture degli Erei, per celebrare la famiglia Di Vita. Perché la loro storia rappresenta quella di tante migrazioni

Charlie e Judy DiVita e Paolo Totò Bellone

L'appuntamento è l'11 giugno giorno in cui Valguarnera Caropepe, piccolo paese da nemeno 8000 anime, incastonato fra le alture degli Erei, ospita la grande festa organizzata per celebrare la famiglia Di Vita. Una festa di piazza, con la banda e il gruppo folcloristico, il sindaco e il parrocco, oltre a una nutrita rappresentanza della famiglia, fra parenti e amici, nel più autentico stile siciliano di una volta.

Quella dei Di Vita è iniziata come una storia di emigrazione come tante. Francesco Di Vita e Filippa La Spina non vedevano alcun futuro, in quel piccolo paese dell'interno siciliano. Al principio del 20° secolo le prospettive erano scarse e, invece, dall'altra parte dell'oceano c'era l' America, un luogo da sogno dove per strada scorrevano latte e miele, e la felicità e la ricchezza erano garantite per tutti. Così partirono, come tanti prima e dopo di loro.

Il primo lavoro per Francesco, negli Stati Uniti, fu in una miniera di carbone. Un po' ironico, se si considera che in Sicilia era proprio quella l'attività dalla quale era fuggito, anche se la miniera che aveva lasciato era di zolfo e di certo le condizioni non erano proprio le stesse. E difatti, quella dei Di Vita, di seguito, diventa pian piano la storia di una famiglia che cresce, che raggiunge un certo benessere, che può permettersi di acquistare una casa, poi un'altra, dove i bambini vanno a scuola, al liceo e all'università. Una generazione dopo l'altra, i discendenti di Francesco e Filippa sono diventati dottori, ingegneri, militari, scrittori, professori. C'è perfino una campionessa olimpica.
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Ma, oltre cento anni dopo, ecco il richiamo delle radici. Charles Di Vita ha deciso di venire in Sicilia, per vedere con i proprio occhi la terra dalla quale ha avuto origine la sua famiglia. Un viaggio della memoria che molti discendenti di emigrati compiono, ma che in Charles ha suscitato un appassionato interesse genealogico. Insieme al cugino Richard Di Vita, ha iniziato a fare ricerche, nei registri di Valguarnera e in quelli degli Stati Uniti, raccogliendo foto e documenti relativi alla storia della famiglia. Il risultato? Un volume di 600 pagine. Un materiale immenso che, pur focalizzando su una famiglia, diventa esemplare delle vicende umane di tanti valguarneresi. Da qui la decisione di realizzare una esposizione permanente dedicata alla famiglia Di Vita, all'interno del locale museo Etno-Antropologico e dell'Emigrazione Valguarnerese, diretto da Paolo Totò Bellone.

«La mostra, che è stata realizzata per iniziativa della famiglia e donata al museo – spiega il direttore – narra il fenomeno migratorio dal nostro paese ed è molto significativa per Valguarnera. L'iniziativa si inserisce nel solco della mia lunga attività di conservazione e promozione del patrimonio materiale e immateriale della Sicilia. La mostra sui Di Vita onorerà la famiglia nella sua terra di origine e la sua storia ricorderà ai visitatori del museo di Valguarnera le migliaia di persone che, al principio del secolo scorso, hanno lasciato questo piccolo paese di collina. Oltre a ribadire l'immenso valore delle radici siciliane per le centinaia di migliaia di persone che discendono dagli emigrati della nostra isola».

Il museo è piuttosto interessante per chi desidera approfondire la storia dell'emigrazione siciliana, a partire dalle condizioni di vita e di lavoro dei nostri avi nella Sicilia di oltre un secolo fa. Una sala, ad esempio, illustra le attività nelle zolfare, dove migliaia di uomini, ragazzi e perfino bambini lavoravano in condizioni che si possono definire infernali.

Dopo la cerimonia di inaugurazione e la festa dell'11 giugno – nell'ambito della quale dieci coppie di discendenti dei Di Vita rinnoveranno i propri voti nuziali, come ulteriore omaggio alla memoria della famiglia – la mostra sarà visitabile nel museo valguarnerese (via San Liborio 58).
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